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Ilva i lavoratori chiedono più soldi ai contratti di solidarietà: proteste il 9 e 10 febbraio

I lavoratori dell’Ilva di Taranto e delle imprese appaltatrici si preparano, con i sindacati metalmeccanici Fim, Fiom e Uilm, ad una doppia mobilitazione. Il 9 febbraio saranno a Bari, alla Regione Puglia, per incontrare l’assessore al Lavoro, Sebastiano Leo (ma le sigle sindacali sperano che ci sia il governatore Michele Emiliano), e il 10 raggiungeranno in corteo la Prefettura di Taranto per consegnare al rappresentante locale del Governo un documento riassuntivo delle loro istanze.

Le questioni sono due e intrecciate tra loro. Una immediata, la copertura economica dei contratti di solidarietà, che sono l’ammortizzatore sociale usato dall’Ilva nella gestione di questi ultimi anni difficili. L’altra di prospettiva, il futuro dell’Ilva, visto che c’è un bando aperto, l’azienda è sul mercato ed entro fine giugno la legge dice che dovrà essere individuato un nuovo gestore a cui consegnarla in fitto. Preoccupano i tagli in busta paga a partire da febbraio, quando si percepirà lo stipendio di gennaio – i sindacati calcolano che la «solidarietà» adesso equivarrà quanto la cassa integrazione, ovvero intorno alle 850 euro mensili –. Ma preoccupa anche lo scenario dell’Ilva da qui all’estate. Anche perchè mentre è ancora troppo presto per capire a chi andrà l’Ilva – la raccolta delle manifestazioni di interesse è in corso –, ci sono già segnali poco rassicuranti che vengono dall’azienda. La prima linea manageriale, per esempio, si va sguarnendo: è andato via il direttore generale Massimo Rosini e adesso anche il direttore commerciale Maurizio Munari che all’Ilva aveva riportato clienti importanti che si erano allontanati, come Fca e Snam per esempio.
Ecco perchè i sindacati hanno scelto di effettuare il presidio sotto la Prefettura di Taranto il 10 febbraio. Perchè quel giorno si chiuderà la presentazione delle manifestazioni di interesse e da allora in poi partiranno i giochi sulla cessione della società, nel senso che chi farà in questa fase un passo avanti, poi dovrà anche scoprire le sue carte. In quanto alla copertura economica della «solidarietà», scesa quest’anno dal 70 al 60 per cento, i sindacati puntano sulla Regione Puglia. L’auspicio è che segua l’esempio della Liguria ma su questo fronte c’è molta cautela insieme all’ammissione di difficoltà tecnico-finanziarie. Altrimenti, resterebbe una seconda possibilità: il via libera all’emendamento al decreto Mille proroghe, già presentato da un gruppo di deputati Pd, tra cui i tarantini Michele Pelillo e Ludovico Vico, che prevede un finanziamento di 50 milioni a carico del Fondo sociale per l’occupazione affinchè siano mantenuti per i contratti di solidarietà gli stessi trattamenti economici del 2015, il 70 per cento appunto.
C’è un particolare che delimita il campo di applicazione della misura: il rifinanziamento «fa riferimento ad accordi e relative istanze rispettivamente stipulati e presentati prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 14 settembre 2015, numero 148» (è relativo alle nuove disposizioni in materia di ammortizzatori sociali). E quindi i contratti di solidarietà Ilva rientrerebbero. Adesso, però, bisogna vedere di quale opinione saranno Governo e Parlamento quando l’emendamento Dem sarà posto al voto. Attualmente nell’Ilva di Taranto la solidarietà coinvolge un numero massimo di 4mila addetti, sinora però mai effettivamente raggiunto. I contratti scadono il 2 marzo e l’azienda ne ha già chiesto il rinnovo per 3.500 nel 2016.

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