Sconsolato, amareggiato, il manager Diego Righini si confida con una lettera aperta: se egli avesse commesso un reato e avesse “oliato” a dovere i funzionari pubblici, forse «a quest’ora tutto sarebbe risolto». È un lamento sbagliato, inaccettabile, che i destinatari dell’ipotetica “unzione” sanno respingere con la dovuta indignazione, ma è lo sfogo umanissimo espresso dal capo dell’Itw Lkw Geotermia Italia il quale da mesi, avuti tutti i permessi imposti dalla legge e anche quelli aggiuntivi imposti dall’opportunità politica, non riesce ad avvitare nemmeno un bullone della futura centrale geotermica di Castel Giorgio, in Umbria a ridosso con il confine con il Lazio. Da una parte c’è Orvieto, dall’altra il lago di Bolsena a una quindicina di chilometri oltre il crinale dei monti.
I comitati nimby hanno il terrore della perforatrice che dovrà estrarre acqua calda dal ventre della terra per far marciare la centrale geotermica che sfrutterà il calore del sottosuolo. Dicono i comitati nimby in un crescendo di piaghe bibliche: avvelenerà le acque; morirà il lago di Bolsena; scatenerà terremoti catastrofici. Al terrore dei nimby si sono associati intellettuali famosi, come la scrittrice Susanna Tamaro.
Tutto è autorizzato, ogni firma è arrivata con ritardi imbarazzanti, ma per mesi è mancato l’ultimo via libera, cioè quello di una commissione appositamente istituita dalla Regione Umbria per esaminare una volta di più il progetto di centrale rinnovabile. La commissione si è espressa ieri a favore. Ma nulla si muove ancora.
«Oggi le imprese, in Italia, avrebbero bisogno di uno strumento efficace per mettere in mora gli uffici pubblici che non rispondono nei tempi ordinatori di legge. Non ci crederete — protesta Righini nella lettera aperta — ma paghiamo migliaia di dirigenti e dipendenti pubblici per non avere in cambio da loro nulla di quello che ci serve come imprenditori e cittadini».
Il procedimento non si chiude e il cantiere aspetta. «Se fossimo passati, da queste autorità, con le “bustarelle” a quest’ora tutto sarebbe risolto — lo sfogo di Righini — con la probabilità un domani di essere accusati per corruzione noi e concussione loro. Oggi un manager privato resta nel dubbio, ogni giorno, su come ottenere l’autorizzazione che spetta al proprio progetto. Come usciamo da questo stato di violenza amministrativa allo sviluppo sostenibile?»
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