
L'anno si apre all'insegna di un quadro internazionale in rapida evoluzione, dove al ritorno nell'arena mondiale di mercati dal grande potenziale, come l'Iran, si affiancano incertezze sullo stato di salute dei Paesi emergenti.
Il rallentamento cinese, le turbolenze finanziarie e il disallineamento delle politiche monetarie di Fed e Bce, con gli effetti “distorsivi” sui flussi di capitali, rappresentano fattori di rischio per l'outlook economico globale. L'altro lato della medaglia, però, è che l'Eurozona torna alla crescita e gli Stati Uniti continuano il cammino dell'espansione.
Nastro trasportatore del business, in Italia come all'estero, è il settore fieristico, vitale per le piccole e medie imprese perché, sottolinea Kai Hattendorf, managing director di Ufi, l'associazione mondiale dell'industria fieristica, «offre un accesso facilitato ai mercati con investimenti limitati e ritorni elevati». Il settore conta nel mondo 31mila fiere all'anno, 4,4 milioni di espositori e 260 milioni di visitatori. Nonostante le incognite, il comparto ha vissuto un anno positivo che dovrebbe continuare nella prima metà del 2016. Lo dice un sondaggio di Ufi in 58 Paesi. Il survey evidenzia che a livello internazionale 6 società su 10 dichiarano un aumento del fatturato nel 2015 e nella prima metà del 2016.
Hattendorf arricchisce le cifre: dal sondaggio emerge che per quanto riguarda il 2015 «circa un terzo delle aziende si attende una crescita dei profitti, rispetto all'anno precedente, superiore al 10 per cento. Un risultato molto positivo si osserva negli Usa e in Medio Oriente ma sono sotto la media Brasile e Russia». Per il 2016 previsioni positive di fatturato per la maggior parte delle società nordamericane ed europee (con l'eccezione della Russia). «In Asia-Pacifico, Medio Oriente e Africa - aggiunge Hattendorf - pur in presenza di una situazione positiva, c'è un maggiore grado di incertezza. Invece in Centro e Sudamerica la metà degli intervistati attende un calo del fatturato».
L'Italia, in questo quadro, ha puntato per le sue fiere di rinomanza mondiale sul «potenziale evolutivo importante nella loro missione di sviluppo degli scambi e di valorizzazione del Made in Italy» dice Giuliana Ferrofino, presidente di Cfi, Comitato fiere industria (Agenzia di Confindustria per le fiere). Nel 2015 si è registrato un aumento del numero totale di espositori dell'1,84% e di quello dei visitatori del 3,47% nell'ambito delle 59 manifestazioni internazionali organizzate dagli associati Cfi. Quanto al futuro «le criticità politiche che stanno caratterizzando tutte le aree del mondo - osserva Ferrofino - possono influire sulle prospettive della crescita globale ma occorre tenere presente che a fronte di aree di crisi più marcata, corrispondono aree interessanti di nuovo sviluppo». Secondo Cfi «i mercati più promettenti sono il Nordamerica e i Paesi Asean con l'India, senza dimenticare l'importanza che possono ancora giocare l'Europa e la Cina».
Tra i mercati più promettenti accanto agli Stati Uniti, Ettore Riello, presidente di Aefi, Associazione esposizioni e fiere italiane, mette l'Iran, un Paese che si sta aprendo adesso e dove Aefi ha sottoscritto un memorandum mesi prima che cadessero le sanzioni. Tra i mercati migliori, comunque, per Riello la Cina resta in cima alla lista, nella speranza che si riprenda, ma sono interessanti anche Libano, Taiwan, Sudamerica, per quanto in maniera altalenante. «Ormai il mondo è così aperto - sottolinea Riello - che è tassativo avere presidi un po' ovunque anche per la velocità alla quale la situazione si evolve». Fondamentale per un salto di qualità nel business è stata anche la trasformazione del modello. «Il settore - dice Riello - ha vissuto un cambio di passo incredibile, spostandosi da una struttura para-pubblica a prospettive di mercato sempre più marcate, dove la differenza la fa la qualità del prodotto ed è perciò importante catturare visitatori internazionali».
La competizione per un tessuto industriale di piccole e medie imprese punta sull'individuazione delle eccellenze. «Un obiettivo, questo, sul quale è stato svolto un lavoro di qualificazione del sistema Italia, grazie alla collaborazione con il viceministro dello sviluppo Economico Carlo Calenda (ora nominato rappresentante permanente dell'Italia presso la Ue, ndr)» afferma Riello. Un intoppo in questo cammino potrebbe essere «la riforma che prevede di sottoporre a obblighi di trasparenza e comunicazione tutti gli enti con partecipazioni pubbliche, come le fiere - continua Riello -, ma in una logica di concorrenza ciò sarebbe devastante». Un altro tema rilevante è quello dell'Imu: «L'equiparazione dei quartieri fieristici ai capannoni commerciali - dice ancora Riello - porta un notevole aumento di costi». Novità che remerebbero contro l'idea che «il sistema fieristico è un pezzo importante del sistema Italia». Un sistema che deve ora trovare il suo equilibrio nel processo di internazionalizzazione scegliendo i mercati in base alle specificità dei quartieri fieristici. E deve pensare, conclude Riello, «ad alleanze a livello italiano e a una gestione sempre più affidata a professionisti del settore».
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