«Il 70% della capacità di supercalcolo del Paese è concentrata qui, in Emilia-Romagna. Solo sui big data abbiamo una rete di 1.800 ingegneri, nonché 230 ricercatori stranieri in pianta stabile e 60 corsi di alta formazione. Il futuro del manifatturiero, delle scienze, della medicina è basato sulla capacità di gestire enormi quantità di dati. Noi non dobbiamo inventare nulla. Abbiamo già tutto, si tratta solo di metterlo a sistema». Bastano pochi secondi all'economista Patrizio Bianchi, assessore a Formazione, università, ricerca e lavoro della Regione Emilia-Romagna per far capire la portata del progetto presentato oggi a Bologna che dà ufficialmente il via al grande hub europeo della ricerca, dei big data e delle digital humanities basata a Bologna. In rete ci sono centri all'avanguardia internazionale come il Cineca, il network Garr, la rete Lepida, Cnr, Enea, i centri ricerche delle quattro università della via Emilia, Infn, Inaf, Ingv, sigle che ai non addetti al lavori dicono poco ma che sono l'eccellenza europea in termini di data management & data processing e di patrimonio scientifico che spazia dalla fisica nucelare alla geofisica, dalle bioscienze alle tecnologie digitali. «A Bologna tutti questi nodi, che a loro volta dialogano già con le rispettive reti europee, si incrociamo e diventano una big data community che non ha pari nel Paese e che vogliamo diventi patrimonio di tutta la società e di tutto il nostro sistema industriale», rimarca Bianchi.
Il progetto, partito in sordina a novembre con un team di ricercatori coordinati dall'Università di Bologna che hanno disegnato il perimetro dell'esistente , è pronto ora a presentarsi al mondo imprenditoriale. «Stiamo lavorando con Aster (l'Agenzia regionale per l'innovazione, ndr) e con le associazioni di categoria per capire come fare arrivare nel modo più efficace ed efficiente questa massa enorme di dati e di capacità di analytics alle imprese. Abbiamo tra le mani un'opportunità e una responsabilità enorme di sviluppo e abbiamo bisogno del supporto dei privati per trasformare la piattaforma in potenza operativa per il sistema-Paese», sottolinea l'assessore regionale alle Attività produttive, Palma Costi. Che ha destinato a inizio anno 7 milioni di euro per la ricognizione e l'avvio dell'hub “big data” e di altre due piattaforme in cui la via Emilia eccelle e dove ambisce a diventare – seguendo lo stesso metodo di messa a rete dell'esistente – un benchmark per l'Italia: quella sui materiali avanzati e quella sul genoma e la medicina rigenerativa.
«La manifattura additiva e l'Internet delle cose sono il risultato della capacità di elaborare grandi dimensioni di calcolo. Noi stiamo costruendo binari e scambi su cui non solo le multinazionali ma anche le Pmi potranno far correre i loro treni. Senza considerare che sempre a Bologna hanno sede società private leader nei sistemi e soluzioni informative come Prometeia, Crif, Noemalife. Dobbiamo solo mettere tutto a sistema», sottolinea Bianchi.
Bologna e la via Emilia puntano dunque a battere sul tempo – e per competenze - Milano e il suo progetto post Expo “human technopole”, che mira a fare dell'area dell'Esposizione universale il polo internazionale di ricerca e tecnologia applicata. «Noi abbiamo già tutto per essere il polo nazionale dei big data e delle digital humanities - conclude il presidente della Regione, Stefano Bonaccini - perché quello che abbiamo presentato oggi è solo il filo rosso che unisce grandi infrastrutture e professionalità frutto di un lungo lavoro precedente. Non è un caso che domani terremo proprio all'interno del Cineca (il più grande centro di calcolo italiano, ndr) la nostra assemblea di Giunta».
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