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L'imprenditore-missionario che lotta per salvare i bambini…

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aiuti umanitari

L'imprenditore-missionario che lotta per salvare i bambini dell’Etiopia

«Servono latte, zucchero, olio, farina di teff. Ne abbiamo bisogno a tonnellate: la gente sta morendo. I bambini, soprattutto, stanno morendo». C’è la carestia in Etiopia, ed è da lì che arriva l’appello di Roberto Rabattoni, imprenditore novarese che da oltre trent’anni si dedica al Paese africano. Ora è presidente del Centro aiuti per l’Etiopia (Cae), la onlus che ha fondato nel 1984 a Verbania, in Piemonte.

Dieci milioni di persone a rischio: 400mila sono bambini
Il dramma che sta colpendo l’Etiopia e parte del Corno d’Africa senza interventi urgenti rischia di trasformarsi in una tragedia epocale. «Non piove da mesi, manca l’acqua e di conseguenza anche il cibo perché non ci sono raccolti e il bestiame muore» racconta Rabattoni al telefono, mentre con il fuoristrada si sta spostando da Addis Abeba – dove il Cae ha il suo quartier generale nel Paese africano – verso il confine con il Sud Sudan, a Dembi Dolo, dove l’associazione gestisce un campo profughi. «Si calcola che siano almeno dieci milioni le persone a rischio di grave malnutrizione. E i bambini sono quelli maggiormente a rischio. Sono i più indifesi e fragili in queste condizioni estreme» sottolinea Roberto Rabattoni. Le stime non sono mai semplici, considerando che in Etiopia diverse zone sono difficili da raggiungere, ma potrebbero essere almeno 400mila i bambini coinvolti e in gravi condizioni. Quella che stiamo cercando di fronteggiare è la peggiore carestia da trent’anni a questa parte».

Le zone più colpite
«La siccità e la carestia che ne consegue non hanno colpito il Paese in modo uniforme» prosegue Rabattoni dall’Etiopia. «A Gimbi, 450 km a Ovest di Addis Abeba – spiega il presidente del Cae – la situazione è più tranquilla, così come nel Wolaita (alcune centinaia di km a Sud della capitale, ndr) dove però la siccità ha colpito pesantemente cinque anni fa». Ma l’emergenza è diffusa, ricorda Rabattoni, «va dai confini con il Sud Sudan a quelli con il Sudan, dalle aree verso il Kenia a Sud, a quelle verso Eritrea e Somalia a Est».

L’appello per gli aiuti
«Stiamo lottando, ma abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. La nostra è una corsa contro il tempo» dice Roberto, che in Etiopia, attraverso il Cae gestisce centri di accoglienza ad Areka, in Wolaita, e a Gimbi (nell’Oromea), ha costruito un ospedale a Soddo (sempre in Wolaita) e un altro ad Abigrath, nel Tigrai, verso l’Eritrea. «Utilizziamo le donazioni per comprare il materiale e i generi di prima necessità e poi li consegniamo nei villaggi e nelle zone d’emergenza» spiega. Uno dei vanti del Centro aiuti per l’Etiopia è anche che i costi di gestione hanno un’incidenza minima: solo il 2,4% per ogni euro donato. L’appello, partito da meno di un mese ha già portato alla raccolta di circa 13mila euro. «Ma non bastano» dice Rabattoni, che ricorda cosa serve: «Per un primo intervento di emergenza dobbiamo poter acquistare derrate alimentari: quintali di latte in polvere, farina, zucchero, olio, teff (il cereale tipico dell’Etiopia e dell’Eritrea utilizzato per produrre l’enjera, piatto alla base dell’alimentazione locale)». Per far pervenire le donazioni, fanno sapere dalla sede Cae di Verbania, è possibile effettuare un bonifico bancario sul conto dell’associazione utilizzando lìIban IT 41 T 03359 01600 10000 0121076; oppure effettuare un versamento con bollettino sul conto corrente postale n. 11730280 - Iban: IT 95 U 07601 10100 0000 11730280. In entrambi i casi occorre specificare la causale “emergenza siccità”. Oppure ci si può anche collegare alla pagina web del Cae“dona_ora” e seguire le istruzioni.

L’ex imprenditore “missionario” per vocazione
Chi è Roberto Rabattoni? Un tipo strano, la prima volta che lo vedi. Instancabile – nonostante il prossimo 26 maggio compia 73 anni – e animato da una fede (nel vero senso della parola) enorme nella Provvidenza. Rabattoni è un imprenditore di successo: con alcuni soci è titolare di un’azienda di tinteggiatura – la Lora & C. – nella zona del Verbano. Tra i clienti ci sono i principali alberghi del Lago Maggiore. Gli affari vanno a gonfie vele. Poi succede qualcosa. La sua vita cambia a quarant’anni, o giù di lì. Compie un viaggio in Etiopia – dove adotta la figlia primogenita Elena, che oggi continua a gestire l’azienda con i soci – scopre una realtà che lo travolge. Torna in Italia, organizza i primi container di aiuti da spedire in Africa e un anno più tardi, nel 1984, fonda il Centro aiuti per l’Etiopia. Da allora passa più tempo in quel Paese dell’Africa che in Italia e quando arriva nei villaggi sperduti o nelle strutture del Cae i bambini gli corrono incontro chiamandolo “nonno Rab”. «In Italia» risponde se gli chiedi quando torna «rientro solo a ottobre per la festa di Montichiari (vicino a Brescia, ndr) che raccoglie tutte le famiglie adottive e gli amici dell’associazione. Qui c’è troppo lavoro da fare».

I numeri dell’associazione
In 32 anni di attività – fatta anche di una capillare azione di testimonianze, banchetti di raccolta fondi, iniziative territoriali in tutto il Nord Italia e non solo – Il Centro aiuti per l’Etiopia ha realizzato importanti strutture ad Addis Abeba (un complesso dotato di scuola, asilo, infermeria, spazi ricettivi per le coppie adottive) e nel resto del Paese, tra cui un ospedale a Soddo raccogliendo 600mila euro e un altro ospedale a Abigrath, due centri di accoglienza ad Areka e a Gimbi. Nel corso degli anni il Cae è arrivato a supportare 42.800 bambini con il sostegno a distanza e ad assistere 96 villaggi in Etiopia, Eritrea e Suda. Dal 2000 sono arrivati in Italia con l’adozione internazionale 1.457 bambini. Nel 2014, solo attraverso il sostegno a distanza, l’associazione ha raccolto oltre 7,6 milioni di euro.

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