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«Una o più reti Rai senza spot»

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«Una o più reti Rai senza spot»

  • –Andrea Biondi

«È diventata una domanda-tormentone». Ci ride su Gina Nieri confermando che il possibile matrimonio fra Sky e Mediaset Premium è una delle (se non “la”) curiosità che più stuzzica gli interlocutori con cui si trova a parlare a vario titolo.

Gina Nieri è consigliere d’amministrazione di Mediaset oltre che direttore Divisione affari istituzionali, legali e analisi strategiche. Per il gruppo di Cologno ha affrontato tutti i passaggi più spinosi e le riforme del sistema televisivo. Momenti cruciali fra i quali non va trascurato neanche quello attuale, con Mediaset che ha chiamato in tribunale Sky rivendicando il tema dei “diritti di ritrasmissione”. Ma non solo. Dal “processo” Antitrust sui diritti del calcio, agli Over the top che avanzano, ai futuri assetti che usciranno dall’analisi Agcom sul mercato rilevante dei media e audiovisivo la carne al fuoco è tanta. Senza contare il tema della fusione fra Mediaset Premium e Sky. «Come ha detto Pier Silvio (Berlusconi, ndr.) noi non siamo venditori. Poi stiamo a guardare tutto. C’è chi dice che il matrimonio s’ha da fare, ma Mediaset farà solo quello che ritiene giusto per il suo sviluppo».

Ma lei da consigliere d’amministrazione non si pente della scelta di aver sborsato tutti questi milioni (700 in tre anni, ndr.) per i diritti della Champions?

Assolutamente no. Era una scelta necessaria per la nostra piattaforma pay. Come l’investimento sui diritti della Serie A o su quelli di Warner e Universal in esclusiva: tutti necessari per connotarci con la nostra offerta. Ricordo che abbiamo già superato i 2 milioni di abbonati e il piano è triennale.

C’è chi però sostiene che Mediaset sia “tornata” alla pubblicità, aumentando il proprio portafoglio su radio o web proprio per sopperire ai ritorni non entusiastici della piattaforma pay.

Ma per carità. La pubblicità è stata sempre e rimane il nostro core business. Sulla pubblicità c’è un grande afflato produttivo e abbiamo altre sorprese per i prossimi mesi. Ma i due discorsi non si collegano tra di loro.

Sul versante pubblicità c’è un tema che è stato sollevato, e con forza, da Urbano Cairo e riguarda la Rai. Il nuovo meccanismo di raccolta del canone in bolletta dovrebbe far abbassare drasticamente il tasso d’evasione. A questo punto, dice Cairo, con tante risorse in più la Rai deve rinunciare a parte della raccolta.

Io dico questo: l’evasione è una cosa odiosa, da combattere. Che il governo abbia trovato un meccanismo per eliminarla è cosa sacrosanta. Ora è in discussione la nuova Concessione fra Stato e Rai. È un’occasione da cogliere per rifocalizzare la Rai sul servizio pubblico e per trovare un equilibrio di risorse positivo per tutto il mercato. Nessuno degli altri operatori ha un finanziamento garantito in partenza.

È ottimista sul fatto che così a breve la Rai possa decidere di rinunciare a parte della pubblicità su una o più reti?

Non dipende dalla Rai e nemmeno da noi competitor. È un problema di assetto dei media a carico della politica. Il punto è mantenere in equilibrio il sistema.

Un sistema in cui gli Ott hanno sempre più peso.

Questo è un punto fondamentale. Che ha a che fare con una competizione ad armi pari. Da una parte ci siamo noi, che siamo regolati dal capello ai piedi. Dall’altra ci sono gli Over the top che sono fuori da tutto. In Europa si sta facendo un “refit” della direttiva sui contenuti audiovideo. Tenere fuori gli Over the top sarebbe sbagliato. Credo che si debba avere chiaro che non è il tempo di proseguire con la regolamentazione puntuale solo di alcuni, ma quello di regole di principio uguali per tutti.

Anche in Italia Agcom è impegnata in un’indagine sui mercati dei media.

Infatti. Vedremo anche lì il risultato. Il compito di Agcom non è facile. Noi broadcaster competiamo con i vari Google, Facebook sia sul tempo di attenzione delle persone sia sull’acquisizione di risorse. E sarebbe corretto definire il nuovo perimetro del mercato dei contenuti video. Purtroppo gli unici dati noti sono quelli dei mezzi classici, tv free e tv pay. Quindi sono ancora questi i mercati rilevanti. E al centro di tutto c’è il grande tema della tutela del diritto d’autore. Noi broadcaster e major siamo alla guida di un processo virtuoso con la maggioranza dei ricavi reinvestita in nuova produzione originale, film, programmi di intrattenimento, musica. Questo alimenta l’industria creativa e garantisce l’identità culturale europea. Non avviene lo stesso con gli Over the top. Sul tema del diritto d’autore richiamo all’accordo che abbiamo raggiunto con Siae. Parliamo di più di 200 milioni in 4 anni. Non dimentichiamoci che nel solo 2015 abbiamo investito 1,7 miliardi di euro in contenuti. Tutto questo è una conferma del fatto che Mediaset ha sempre sostenuto il diritto d’autore. E pretendiamo che chi utilizza i nostri contenuti li paghi.

Con Google avete trovato un accordo per mettere una pietra sul contenzioso pregresso e con Yahoo avete raggiunto un’intesa nonostante una causa da 100 milioni, ora in Cassazione.

Vero. Con Google abbiamo un “settlement” che da qui in avanti dovrà dare frutti in termini di idee e nuove collaborazioni. Con Yahoo abbiamo un accordo triennale sulla raccolta pubblicitaria. Ed è un accordo che per ora si affianca alla soluzione futura dei problemi passati.

In causa avete chiamato anche Sky sul diritto d’autore. Non è un’azione velleitaria?

Lo vedremo. Ci davano dei velleitari e giurassici anche quando eravamo contrapposti a Google. Poi si è visto come è finita.

Sul criptaggio dei vostri tre canali free e generalisti avete però perso ascolti.

Non è successo nulla che non avessimo previsto e si tratta di micro-percentuali per le quali valeva la pena agire come abbiamo agito.

Come conciliate questi dissidi con l’attività comune, per esempio, all’interno di Confindustria Radio Tv?

Su alcune tematiche siamo dalla stessa parte, ovvio. Ma sul mercato siamo competitori agguerriti. Mi sembra che anche loro non si risparmino. Le mosse che stanno facendo sul digitale terrestre lanciando vari canali free sono aggressive e anche poco in linea con la posizione che hanno sulla piattaforma satellitare a pagamento. I signori di Sky hanno in più occasioni sostenuto che la pluralità di offerte sul free sta mettendo sotto pressione la loro offerta pay. Che si cannibalizzino da soli mi sembra una scelta che ha molto a che fare con l’aggressività verso Mediaset.

Insomma Sky è il lupo e Mediaset la pecorella?

Non ci piace nessuno dei due ruoli. Vogliamo solo una sana e corretta competizione.

Assieme a Sky dovrete anche da affrontare l’azione dell’Antitrust sui diritti del calcio. L’audizione è stata spostata al 9 marzo su vostra richiesta. Tattica per dilatare i tempi, visto che nel frattempo si concluderà il mandato del relatore Rebecchini?

C’è già una data precisa di conclusione, che è il 30 aprile. Noi abbiamo chiesto la proroga semplicemente per poter utilizzare al meglio documenti con i quali irrobustire la nostra difesa. Siamo sicuri della correttezza del nostro comportamento, di tutto quello che abbiamo fatto. L’assegnazione non ha buttato nessuna piattaforma fuori dal mercato, le risorse per le società sono aumentate, il campionato è partito, i telespettatori hanno offerte diverse tra cui scegliere. Il risultato è stato positivo per tutti.

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