Economia

Anche il Piceno diventa area di crisi complessa

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Lavoro

Anche il Piceno diventa area di crisi complessa

  • –Ilaria Vesentini

ASCOLI PICENO

Il via libera del ministero dello Sviluppo economico al riconoscimento del Piceno come area di crisi complessa non porta immediatamente risorse fresche ma catalizza un’attenzione che dal 2008 gli imprenditori del sud delle Marche stanno aspettando. Perché lì dove era arrivata una massiccia industrializzazione grazie al richiamo per le multinazionali degli incentivi della Cassa per il Mezzogiorno oggi la crisi batte più forte che nel resto della regione: Prismyan, Haemonetics e Roland hanno alzato bandiera bianca, Manuli Rubbers ha ridotto drasticamente gli organici, la disoccupazione ha toccato il 12%, quasi raddoppiando dal 2008 a oggi, mentre nello stesso periodo scendeva del 20% il numero di imprese.

«Il decreto del Mise è frutto di un lavoro di squadra del territorio - sottolinea il presidente di Confindustria Marche, Bruno Bucciarelli - ed è una grande opportunità di rilancio». Dovrà seguire ora un accordo di programma, ma il fatto che l’area di crisi comprenda anche alcuni comuni del Fermano e del Teramano lascia sperare in una nuova capacità e volontà di contrattazione che guardi oltre i campanili della regione al plurale studiando opportunità di reindustrializzazione per tutta la cerniera manifatturiera di mezzo tra il Nord e il Sud del Paese. Come ha testimoniato pochi giorni fa anche l’intesa Ascoli-Teramo per un ponte sul Tronto che agevoli progetti turistici condivisi, assurto a simbolo di un’inedita spinta alla collaborazione interregionale.

«Nel Piceno abbiamo già raccolto 18 manifestazioni di interesse per oltre 125 milioni di euro di investimenti e più di 300 nuovi posti di lavoro, proposte concrete, pronte per partire, ma questo è solo l’inizio», rimarca il presidente della Regione, Luca Ceriscioli. Ottimismo che Bucciarelli sposa in pieno («ma anche le banche devono fare la loro parte finanziando le imprese e garantendo i risparmiatori», aggiunge) in vista del prossimo incontro del 19 febbraio tra la Giunta confindustriale e quella regionale, per ridiscutere a 360 gradi di competitività del territorio.

Sul tavolo arriverà anche l’accordo di programma della Merloni per l’area di crisi del Fabrianese, per cui tre anni fa il Governo aveva stanziato 35 milioni di euro, «soldi non spesi per una riconversione industriale che non è avvenuta, anche per problemi procedurali, non solo per la carenza di soggetti capaci di fare scouting attivo», spiega il segretario regionale Cgil, Roberto Ghiselli, preoccupato per i segnali di ripresa ancora troppo deboli e difformi che emergono dalle analisi congiunturali di fine 2015 e i pesantissimi effetti delle sanzioni russe sull’export del calzaturiero fermano e del mobiliero pesarese.

La Regione dal canto suo ha da poco riconosciuto anche i 30 comuni del distretto pesarese del mobile come area di crisi da sostenere con misure del Por Fesr e stanziato 5 milioni di euro nel bilancio 2016 per azzerare l’Irap per le nuove imprese che si insedieranno in regione. «Per rilanciare l’occupazione e innescare la produttività non bastano le start-up, bisogna far crescere le medie imprese capaci di sfruttare innovazione e fattori di scala», commenta il vicepresidente Istao Valeriano Balloni.

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