Economia

Le Marche in cerca della ripresa

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Lavoro

Le Marche in cerca della ripresa

  • –Ilaria Vesentini

ANCONA

«Le Marche devono voltare pagina. O cogliamo in fretta i segnali di questo accenno di ripresa e risaliamo sul treno della crescita o c’è il baratro davanti a noi». Non usa mezzi termini il presidente di Confindustria Marche, Bruno Bucciarelli. Che venerdì scorso – assieme ai tre past president dell’associazione e ai vertici delle territoriali – ha firmato un’intesa senza precedenti con la Giunta regionale al completo per definire priorità e linee di azione comuni per rilanciare il territorio. E ieri ha preso parte a un incontro di tutte le forze imprenditoriali, sindacali e sociali della regione per focalizzare il ruolo nevralgico di Nuova Banca Marche per l’economia locale. Due incontri con un unico comune denominatore: la volontà di fare squadra in regione, per far sì che quello toccato nel 2015 sia il punto più basso della curva, da cui ora ripartire.

Il default di Banca Marche e il miliardo e mezzo di investimenti che ha bruciato sul territorio – tra cui i risparmi di oltre 43mila azionisti e obbligazionisti subordinati – è solo il sintomo acuto di uno scollamento cronico tra credito e tessuto produttivo, che va avanti dal 2011. A metà 2015 c’è stato il primo stop nella caduta dei finanziamenti. Uno stop che non è un’inversione di rotta: -0,1%(su base annua) i prestiti alle imprese, ma con un tasso di ingresso in sofferenza aumentato. E il +1,4% di produzione industriale nelle Marche di fine 2015 è ancora sotto il dato medio nazionale (+2,2%). Mentre l’export rallenta (-2,7% nei primi nove mesi del 2015) e solo l’agricoltura tiene botta in regione: +1,7% il valore aggiunto tra 2011 e 2015 contro il -6,8% dell’industria, il -10,7% delle costruzioni, il -4,7% dei servizi. Con 7mila piccole imprese sparite negli ultimi quattro anni.

«Affiancheremo la Giunta Ceriscioli come partner fissi sui temi dell’economia. Abbiamo avviato un tavolo con i cugini artigiani e cooperativi per affrontare i temi della società regionale di garanzia (Srgm) e dei confidi, aperto ad altri argomenti e ad altre categorie. E con le banche si deve ricuce un rapporto di fiducia o usciamo tutti perdenti», aggiunge Bucciarelli. Il protocollo di intesa siglato venerdì tra industriali e Giunta riconosce ruolo, difficoltà e strategicità del manifatturiero, e dell’edilizia in particolare, per rilanciare l’economia marchigiana. E le leve su cui intervenire sono le classiche di politica industriale: semplificare la Pa, valorizzare le infrastrutture (in primis Porto di Ancona, aeroporto di Falconara, Fano-Grosseto), potenziare reti telematiche e le risorse per l’internazionalizzazione, favorire il credito per sostenere gli investimenti.

E in questo scenario Banca Marche torna a giocare un ruolo strategico. «Perché era e resta la prima azienda della regione e il motore della sua economia, con 2.700 dipendenti, il 23,9% del mercato della raccolta, il 23,5% degli impieghi, 110mila Pmi clienti, 420mila clienti privati. Numeri cambiati poco nei tre anni di commissariamento, lo conferma il saldo netto di 5mila clienti in più nel periodo», sottolinea Luciano Goffi, oggi ad della Nuova Banca Marche, dg da settembre 2012, anno in cui esplose l’effetto di un’esposizione nell’immobiliare salita al 40% degli impieghi e al 70% delle sofferenze. Un default con cui hanno fatto i conti anche 400 dipendenti finiti al fondo esuberi e 300 giovani a termine non confermati. «Oggi siamo tornati a essere la banca delle Pmi e sarebbe una grande opportunità – ritiene Goffi – entrare in un gruppo internazionale per accompagnarle sui mercati esteri e offrire loro servizi innovativi». Soluzione che preoccupa famiglie, imprese e istituzioni locali, compatte nel sostenere la proposta dei sindacati di un tavolo di tutte le forze economiche e sociali . «Banca Marche è tornata a essere protagonista del territorio – spiega il segretario Fisac Cgil Agostino Megale – va venduta separatamente dalle altre tre banche fallite, e non a un fondo di investimento. E va prevista una clausola sociale per mantenere qui l’occupazione e restituire ai vecchi azionisti plusvalenze e indennizzi».

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