Economia

La sindrome nimby ferma il concime

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Industria

La sindrome nimby ferma il concime

  • –Jacopo Giliberto

Carta vince carta perde. Nella galassia nimby, cioè l’opposizione contro la realizzazione di progetti, due idee simili hanno incontrato i comitati del no. Un progetto — nel Pavese — sembra fermarsi fino a bloccare un intero settore di utilità pubblica. Invece l’altro — in Alto Adige — ha dovuto arrivare fino a Roma, al Consiglio di Stato, per poter superare l’ostacolo della contestazione e ora può essere realizzato.

Entrambi i progetti riguardano un argomento che per chi scrive un articolo è molto sdrucciolevole: il letame, quello che secondo gli antichi latini rappresentava per le colture un ”allietamento” (laetamen).

Gli allevatori che mungono il latte pregiato dell’Alto Adige, quello con cui per esempio si producono gustosissimi jogurt, non possono ingrandire le stalle perché non c’è modo di liberarsi delle 600 tonnellate di letame rilasciate ogni giorno dalle vacche.

Una dozzina d’anni fa, vincendo la naturale ritrosia, una sessantina di allevatori grandi, medi e minuscoli sono riusciti ad allearsi e hanno proposto di costruire a Val di Vizze l’impianto Wipptal Biogas, che farà fermentare lo stallatico e produrrà metano (da usare come combustibile rinnovabile) e concime anche per i vigneti del traminer. Il progetto ha meritato perfino un finanziamento europeo per l’ambiente.

L’alternativa? Trasformare in hamburger e filetto una parte delle vacche e ridurre la produzione di latte.

È partita l’opposizione contro il progetto. Se il Comune di Val di Vizze ha approvato l’impianto con firme e timbri, il confinante Comune di Vipiteno s’è messo di traverso. In ogni modo. Litigando perfino con il municipio di Val di Vizze per una strada d’accesso all’impianto. Alla fine è stato necessario arrivare non solamente al Tar ma perfino al Consiglio di Stato, il quale giorni fa ha dichiarato inammissibili i ricorsi di Vipiteno. «C’era anche un difetto di interesse a ricorrere in capo al Comune di Vipiteno, atteso il difetto di lesività degli atti impugnati», conferma l’avvocato David Röttgen dello studio Ambientalex.

Tema simile, ma con esito più difficile, a Pavia. In questo caso non si tratta di stallatico bensì del residuo dei depuratori usato, anche in questo caso, come concime alternativo a quelli chimici.

Cittadini, comitati nimby e Comuni sono allarmati perché nell’aria si diffonde l’antichissimo e fastidioso odoraccio dopo che è stato distribuito sul terreno il letame dei depuratori. Questo concime si chiama “fango da depurazione”, l’origine è data dai depuratori che digeriscono ciò che arriva dalle fognature.

Dimenticando i 15mila anni di zappa dei nostri antenati, c’è chi sostiene che l’odore spiacevole e impestante del concime apporti rischi gravissimi per la salute umana, chi addirittura associa alla concimazione con letame da depuratore i casi di cancro. In autunno forte emozione aveva suscitato nel Pavese la notizia che uno dei sindaci nimby, vivacissimo attivista nella lotta contro l’uso di fanghi da depurazione, è stato colpito da una forma molto grave di tumore che egli attribuiva a questa pratica agricola. «Non sappiamo con certezza che cosa ci sia esattamente in quei liquami. Nei depuratori può finirci di tutto e l’Arpa non ha mai effettuato indagini approfondite», protestava Pietro Scudellari, sindaco di Linarolo.

Le aziende del settore insieme con la Confindustria di Pavia e con l’associazione di categoria Efar si pagano migliaia di analisi, ma ora hanno proposto di tassarsi con una colletta per finanziare i controlli aggiuntivi dell’Arpa e della Provincia di Pavia, i quali non hanno i soldi per le verifiche sui materiali usati. Ma la Provincia di Pavia, che teme di perdere il consenso dei suoi elettori, preferisce non decidere e i 60mila euro per i controlli aggiuntivi restano nel salvadanaio.

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