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Cartoon in cerca di investimenti

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Industria

Cartoon in cerca di investimenti

  • –Andrea Biondi

Un settore che guarda con favore al nuovo Ddl in materia di cinema, audiovisivo e spettacolo, ma che chiede attenzione e sostegno, per non rischiare di dover smobilitare

Il settore dell’animazione in Italia si prepara a un 2016 cruciale, fra provvedimenti legislativi in discussione e l’imminente riassetto del sistema pubblico televisivo. Modi di produzione, pubblico di riferimento, dimensione globale del mercato presentano per questo settore peculiarità che saranno al centro della discussione che si terrà il prossimo 1 marzo, nell’ambito degli Stati generali dell’animazione che si terranno a Roma, nella sede dell’Anica. «Il nostro – spiega Anne-Sohpie Vanhollebeke, presidente di Cartoon Italia, associazione nazionale che rappresenta le aziende dell’industria dell’animazione – è un comparto strategico dell’audiovisivo. È necessario che dal tax credit, alle azioni di sostegno di vario tipo, ai vari punti caldi come quote e diritti se ne tenga conto». L’animazione, concorda Maurizio Forestieri, presidente di Asifa Italia, associazione che rappresenta autori e professionisti dell’animazione italiana, «è un linguaggio più che un genere. Ha grandi potenzialità ma su alcune questioni, come l’internazionalizzazione, occorre iniziare a spingere di più».

Il comparto in Italia dà lavoro a 3mila addetti e comprende un’ottantina di aziende che realizzano un fatturato diretto stimato intorno ai 100 milioni di euro. Buona parte di questo fatturato è dovuto agli accordi di co-produzione con i partner internazionali.

Il tutto per un prodotto il cui principale sbocco è quello della tv. Il sistema televisivo italiano conta 22 canali per bambini e ragazzi. Solo l’11% della programmazione però, secondo i dati forniti dalle due associazioni, è di produzione italiana a fronte di una Francia, per esempio, in cui la produzione nazionale occupa il 42 per cento. Il principale partner di mercato risulta comunque essere la Rai con un budget annuo di 15 milioni.

Per avere una carta d’identità esaustiva del mercato occorre comunque tener conto che oggi i cartoni, grazie anche a fenomeni come quelli delle Winx prodotti dalla marchigiana Rainbow, hanno valicato i confini nazionali. E se si considera l’indotto che può essere generato da licencing, produzioni pubblicitarie, videogames, applicazioni per tablet e smartphone, si capisce che si tratta di un mercato enorme. Cosa fare per non disperdere questo capitale?

In un documento fatto recapitare al ministero dello Sviluppo (sarà presente il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli l’1 marzo) si indica la necessità di incentivi all’adeguamento tecnologico piuttosto che di sostegni nella fase di sviluppo di serie e film e incentivi alla distribuzione all’estero. Sul tax credit la sintonia sembra invece indiscutibile dopo che con il Ddl il Governo ha deciso di alzarlo progressivamente dal 15 al 30 per cento. E il Ddl sembra andare incontro anche a un’altra richiesta del settore: l’introduzione di un tax credit “esterno”, per gli investitori.

Il rispetto delle quote da parte delle tv, cui secondo il settore dell’animazione andrebbero aggiunti anche i cosiddetti “Over The Top”, vale a dire i colossi americani del web, è invece fra i punti che generano qualche preoccupazione. Il rapporto con i broadcaster in fin dei conti è ancora controverso. Lo si capisce dal tema quote, per le quali il settore dell’audiovisivo in genere chiede maggiore attenzione, anche in termini di sanzioni, ma anche dall’annosa questione dei diritti delle produzioni. I diritti pluriennali richiesti spesso come conditio sine qua non dai broadcaster vanno sempre meno giù ai produttori. Sulle quote e sui diritti nel Ddl è presente una delega per un apposito decreto interministeriale, prima del quale si terranno tavoli di co-regolamentazione, sul modello inglese, al quale parteciperanno anche gli operatori.

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