Roma
Le imprese italiane con dipendenti che hanno attraversato indenni e con attività continuativa il biennio 2013-2015 sono circa un milione e hanno garantito una job creation pari a 1,1 milioni di posti di lavoro, a fronte di una perdita pari a 845mila posti. La creazione di lavoro netta, negli ultimi due anni, è stata dunque pari a 255mila posti. Il dato è contenuto rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat che nell’edizione di quest’anno applica lo zoom sulle caratteristiche della domanda di lavoro.
Viene quindi evidenziato il fatto che tra le aziende italiane c’è, in particolare, un segmento che spinge la crescita e genera nuova occupazione: il 32% delle aziende del panel esaminato dall’Istat ha registrato nell’ultimo biennio una crescita di posti di lavoro, il 29,2% invece ha mostrato una riduzione mentre il restante 38,8% non ha modificato i proprio livelli occupazionali. Va detto, tuttavia, che se si considerano le dinamiche di ciascun anno si vede che nel 2015 è salita la quota delle imprese che dichiarano una crescita occupazionale mentre si è ridotta , grazie al recupero economico in corso la quota di chi segnala una flessione. La maggiore incidenza delle imprese che hanno aumentato i posti di lavoro tra il 2014 e il 2015 ha riguardato le imprese micro e piccole (con meno di 50 addetti). Se invece si considera l’intero biennio, la maggiore incidenza delle imprese in crescita si riscontra fra le aziende di dimensione media (50-249 addetti) che hanno evidenziato la migliore propensione alla creazione di posti di lavoro.
Nella manifattura solo 9 settori su 23 hanno incrementato l’occupazione sia nel 2014 che nel 2015. Nei primi tre trimestri del 2015 l’aumento tendenziale più consistente di posizioni lavorative (+2,2%) è stato registrato nel settore delle riparazioni, manutenzione e installazione di macchine e apparecchiature; segue la farmaceutica (+1,3%). Ma tra i comparti, la dinamica più vivace (per intensità) e più estesa (per settori) si è registrata nel settore dei servizi; quelli di mercato hanno messo a segno un +3% mentre per i servizi alla persona l’aumento dell’occupazione si è attestato a +6,2 per cento. In ogni caso, si osserva nel rapporto, tra le imprese a più elevata produttività del lavoro la probabilità di aumentare l’occupazione è tra i sette e i 15 punti percentuali superiore a quelle della stessa classe dimensionale a produttività inferiore.
L’altro elemento che conta ai fini della propensione a creare lavoro è l’età giovane delle imprese. Il rapporto mette inoltre in evidenza il fatto che i miglioramenti dell'occupazione in Italia sono stati trainati prevalentemente dagli sgravi contributivi, che «hanno svolto un ruolo fondamentale per la crescita di nuovi posti». «Per la metà delle imprese manifatturiere che hanno aumentato l'occupazione tra gennaio e novembre 2015 gli esoneri contributivi hanno svolto un ruolo fondamentale per la crescita dei posti di lavoro. Nei servizi la quota di imprese che hanno ritenuto tale novità normativa rilevante è pari al 61%».
Ma la possibilità di rinnovare l'esonero contributivo per i neoassunti a tempo indeterminato nella prossima Stabilità, secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, presente alla presentazione del rapporto Istat, è solo «un’ipotesi».
«La misura è stata pensata come temporanea e in decalage». Fin dall'inizio lo sgravio «è stato pensato come congiunturale, altrimenti avremmo precarizzato il tempo indeterminato, dando un incentivo perverso a cambiare forza lavoro ogni 36 mesi. Ecco perché, ha aggiunto, «è stato portato a 24 mesi e se verrà rinnovato, lo sarà per un anno».
In prospettiva, ha proseguito, «il taglio strutturale del cuneo contributivo per tutti i lavoratori a tempo indeterminato è una sfida, ma per ora non c'è una proposta politica o uno studio approfondito». Nannicini ha affermato poi che il governo intende affrontare il tema previdenziale della flessibilità in uscita nella prossima Stabilità, se il quadro di finanza pubblica lo consentirà.
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