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Non c’è solo il crollo delle quotazioni del greggio a preoccupare i forgiatori italiani. Il settore, dopo due anni di brusco arresto nel settore dell’oil and gas, da anni diventato una sorta di rifugio sicuro per molte realtà specializzate, cerca alternative per contrastare lo strapotere cinese e le difficoltà di un mercato che non dà segnali di ripresa confortanti, considerando anche le energie alternative, per anni altro importante riferimento per gli operatori della filiera.
Il comparto delle forge, 81 impianti per una produzione di poco superiore al milione di tonnellate nel 2014, ha bisogno di raccogliere nuove sfide. Alcuni elementi propositivi sono stati forniti ieri da Siderweb, il portale specializzato della siderurgia, che ha riunito intorno a un unico tavolo i protagonisti del settore. Tra le proposte lanciate da Gianfranco Tosini, responsabile centro studi Siderweb, i principali indirizzi riguardano innovazione di prodotto, ricerca di mercati e materiali alternativi, crescita delle risorse umane, ricerca di cooperazioni e aggregazioni.
La produzione mondiale di forgiati è oggi di 25,7 milioni di tonnellate, di cui il 39% ad appannaggio della Cina. L’Europa, con 5,3 milioni, pesa il 23%, e l’Italia è il secondo polo europeo, dietro la Germania. Ma, mentre i tedeschi dopo la crisi del 2009 sono riusciti a rimettersi in piedi, l’Italia ha faticato a recuperare quote sul mercato interno e anche l’estero negli ultimi anni sta mostrando preoccupanti segnali di stagnazione. Tra i settori utilizzatori le previsioni congiunturali indicano segnali di ripresa in alcuni comparti chiave come il navale, il nucleare, le energie rinnovabili, lo stesso oil and gas. Ma la ripresa è annunciata soprattutto in Estremo Oriente e in Medio Oriente, aree dove sono già attivi importanti player, già incardinati in grandi conglomerati. «In Italia non c'è questo ragionamento di filiera, come avviene per esempio in Corea – ha spiegato Tosini – e questo è un limite, anche per aggredire i mercati esteri».
La strada è creare sinergie di filiera, non solo per ragioni di mercato, ma anche per raggiungere obiettivi tecnologici e di ricerca. I principali driver di crescita riguardano i nuovi materiali e l’alleggerimento, come ha ricordato nel suo intervento Carlo Mapelli, docente in Metallurgia del Politecnico di Milano. Le best pratices ci sono, come hanno confermato ieri i casi aziendali di Abs (360 milioni di investimento quinquennale in rotoforgia, un impianto che rivoluziona il paradigma tecnologico produttivo in questo comparto) e di Atb Riva Calzoni. Anche i fondamentali finanziari sono solidi, come ha sottolineato Stefano Ferrari, direttore di Siderweb: le aziende sono ben patrimonializzate (oltre che specializzate ed efficienti dal punto di vista energetico, nonostante i costo elevati), stanno bene dal punto di vista finanziario. E «forse è proprio questo» ha commentato Mario Gussago , ad di Fomec e responsabile della divisione forge di Federacciai, «a frenare la volontà di aggregazione».
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