Economia

«Fare insieme»: la strada per produrre e distribuire. Oggi le…

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Giubileo dell’industria

«Fare insieme»: la strada per produrre e distribuire. Oggi le imprese dal Papa

Il male maggiore è la “globalizzazione dell'indifferenza”, dice Francesco. E pensa non solo ai migranti, ma ai disoccupati, alle guerre, alle ingiustizie di ogni tipo. Il mondo ha una sfida a lungo termine: creare una rete di solidarietà, “creativa” da parte delle imprese e ”distributiva” per le istituzioni. «Fare Insieme»: un grande disegno, che hanno davanti le imprese italiane, che oggi incontrano il Papa, per la prima volta tutte insieme.

L'instabilità, l'incertezza, spesso una vera e propria paura, sono diventate la cifra del nostro tempo. Di fronte a queste ansie globali serve un cambio di prospettiva per ridare prospettive. Confindustria – in collaborazione con Unicredit ed Eni – ha riunito ieri nell'auditorium Agustinianum, accanto al colonnato di San Pietro, imprese, studiosi ed esponenti delle gerarchie ecclesiali per riflettere su questi temi. Un seminario, il primo con queste modalità, alla vigilia dell'udienza di stamattina per il Giubileo dell'Industria, quando 7mila imprenditori – guidati dal presidente di Confindustria Giorgio Squinzi - ascolteranno le parole di Francesco, che sui temi delle disuguaglianze, degli squilibri e dei rischi socio-ambientali ha dedicato una gran parte della sua pastorale.
Se non si interviene con politiche mirate sugli squilibri esistenti tra risparmio, da un lato, consumi e investimenti, dall'altro, finiremo in una «stagnazione secolare» ha detto l'ex premier ed economista Romano Prodi. «Il concetto di globalizzazione ha fatto paura alle nostre società, non ne sono stati percepiti tanto gli aspetti positivi, che pure ci sono, quanto il timore che lo sviluppo globale comporti una perdita secca di benessere per i paesi benestanti a favore dei paesi emergenti», ha detto. Eppure «la globalizzazione fa parte ineluttabile del mondo, dobbiamo guidarla, dobbiamo renderla meno ingiusta, ma non possiamo fermarla». Nel mondo vi è un senso di insicurezza, per Prodi, che deriva dalle «crescenti disparità», dovute anche all'eccessiva finanziarizzazione. E ha fornito un'immagine efficace: «Un terzo della ricchezza mondiale è detenuta da persone che starebbe dentro un pullman e non ci sarebbe neppure un italiano tra loro». Insomma, gravi squilibri che, nonostante l'ingiustizia, vengono poi sostanzialmente accettati socialmente.

Gli imprenditori e le imprese svolgono un ruolo sociale «fondamentale per il benessere delle comunità e del territorio», ha detto il direttore generale di Confindustria Marcella Panucci. «Obiettivo degli imprenditori - ha aggiunto Panucci - è creare ricchezza nel rispetto di regole, principi etici ed umanità, per riuscire a far crescere non solo le proprie aziende ma anche i territori e le comunità». Il cardinale Gianfranco Ravasi, ministro della Cultura del Vaticano, ha messo in luce come si stia facendo dominare «la funzione sulla visione», con il dominio degli strumenti sul fine: «È un'epoca di bulimia dei mezzi e di atrofia dei fini». Una visione che fissa il fermo immagine su un mondo a cui serve ridefinire le priorità, e prima di tutto la cura delle «malattie», che sono anzitutto la disoccupazione e la burocrazia. «Il disoccupato è una persona ferita», ha detto citando il romanzo «La chiave a stella» di Primo Levi che ha per protagonista un operaio che trova nel lavoro la sua realizzazione umana. Il cardinale Domenico Calcagno, presidente Apsa, ha messo in luce l'importanza dell'incontro di oggi, per il ruolo dell'impresa in un momento di cambiamento: «Ho parlato ieri sera (giovedi, ndr) con il Papa, vi aspetta con grande entusiasmo e speranza» ha detto il porporato. «Gli industriali fanno impresa e sono dunque in una posizione privilegiata per generare ricchezza e creare lavoro. In tempo di globalizzazione e davanti a una società che alza i muri e stende i fili spinati e che dà un'importanza primaria alle quotazioni di Borsa rispetto alla condizione di vita delle persone, abbiate il grande desiderio di seguire un cammino di speranza e di rinnovato impegno», ha aggiunto Calcagno parlando agli industriali. Poi il tema delle migrazioni: «Nessun individuo può essere ridotto a oggetto o a fattore politico» ha detto il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio consiglio per i migranti. «Nel mondo vi sono 232 milioni di migranti internazionali e 740 milioni di migranti interni: quindi, è migrante quasi una persona su dieci».

Alta la presenza alla giornata di esponenti della Santa Sede, tra cui Dario Edoardo Viganò, prefetto per la Segreteria delle Comunicazioni (vedi intervista sul Sole 24 Ore del 25 febbraio, ndr).

Un mondo quindi in profondo cambiamento, e anche il modello economico-produttivo è in mutazione: «La fabbrica sarà sempre più cooperativa e sempre meno a scala gerarchica» ha detto Massimo Egidi, rettore della Luiss, ateneo dove insegna il politologo francese Marc Lazar, che ha analizzato il movimento in atto nella società che vede una crescita del'esigenza di parteciapazione democratica. Nella giornata di studi - coordinata in parte dell'economista Alberto Quadrio Curzio - è intervenuto Raul Cavalli, presidente della Fondazione Easy Care: «Basta con la tirannia del Pil, bisogna investire in settori che possano creare nella società civile un senso di appartenza».

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