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Valentino, i ricavi 2015 in crescita record (+48%)

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Industria

Valentino, i ricavi 2015 in crescita record (+48%)

  • –Paola Bottelli

«Per il marchio Valentino il 2015 è stato eccezionale: i ricavi sono aumentati del 48% a 987 milioni, l'Ebitda ha fatto un bel balzo, quasi raddoppiando a 180,2 milioni dai precedenti 98,5, con un'incidenza sul fatturato al 18,3% dal precedente 14,8%, e l'Ebit è salito a 104,4 milioni dai precedenti 43. E quest'anno, nonostante i mercati ballerini, l'obiettivo minimo è ancora una crescita a doppia cifra».

Stefano Sassi, amministratore delegato della storica maison romana, snocciola con orgoglio i risultati dell'anno appena concluso, con la barriera psicologica del miliardo ormai a portata di mano, mentre i direttori creativi Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli danno gli ultimi ritocchi alla collezione donna autunno-inverno 2016-17, che sfilerà martedì prossimo a Parigi («come da quasi 50 anni», sottolinea il ceo). Una collezione che si trasformerà presto in oggetto del desiderio per le clienti, soprattutto internazionali: export e consumi degli stranieri in Italia valgono il 90% del giro d'affari, con gli Usa primo singolo mercato e la Greater China come più importante nazionalità.

I dati approvati la scorsa settimana nel consiglio di amministrazione dall'azionista Mayhoola for Investment - il fondo del Qatar che nel 2012 ha sborsato 700 milioni per rilevare il controllo della Valentino, cifra giudicata fuori mercato solo da chi all'epoca non percepiva le potenzialità del brand - parlano chiaro. «La crescita - puntualizza Sassi - è determinata da quattro fattori. In ordine di importanza, la performance like-for-like dei nostri negozi che, a parità di cambi, ha portato a vendite al metro quadro in aumento del20%, con il retail che pesa ormai per il 55% del fatturato. In secondo luogo, ilwholesale ha registrato un ottimo andamento e continueremo a valorizzare questo canale, strategico per visibilità e concorso alla crescita. Infine, abbiamo aperto una trentina di negozi e beneficiato, come i competitor del lusso, dell'effetto-cambi».

Il percorso di crescita è organico, aggiunge Sassi, con 160 negozi, inclusi quelli che propongono la collezione Red, che incide per circa cento milioni di ricavi, lo stesso valore del segmento uomo, che era «minuscolo solo tre anni fa e che garantisce opportunità rilevanti nei prossimi anni». Gli accessori rappresentano ormai oltre la metà dei ricavi, grazie al successo delle scarpe e delle borse Rockstud, declinate in mille versioni, diventate veri e propri status symbol in tutto il mondo.

«All'arrivo di Mayhoola nel 2012 il fatturato era di 370 milioni - dice ancora Sassi - e il business plan stimava di arrivare al miliardo di ricavi in cinque anni: abbiamo centrato il target con due anni di anticipo. Certo abbiamo sostenuto la crescita con cospicui investimenti nel retail: 250-300 milioni tra il 2013 e l'anno scorso. Ora, pur aprendo flagship di dimensioni importanti a Londra in Bond Street già questo mese, in Germania e negli Usa, a Miami enHonolulu, a Tokyo Omotesando nella seconda metà dell'anno, non siamo però più costretti alla cavalcata per recuperare il gap con i concorrenti più qualificati: tra inaugurazioni e relocation saranno 20-30 quest'anno, con un investimento minore sul fatturato rispetto agli ultimi esercizi».

Grazie al focus su artigianalità, bellezza e tradizione di un marchio che ha fatto la storia del made in Italy ma ha saputo rinnovare i suoi codici, insomma, tutto fila liscio. Ma le condizioni dei mercati finanziari stoppano il progetto di quotazione in Borsa. «Lo scorso settembre - conclude Sassi - Mayhoola ha manifestato l'interesse per una Ipo e stavamo valutando l'iter con l'advisor: non è stata prevista alcuna data e al momento non ci sono proprio le condizioni. I listini sono troppo instabili e scoraggerebbero anche i piùcoraggiosi. Vedremo nel 2017 se qualcosa cambierà. Generiamo redditività e cassa: non c'è alcuna fretta».

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