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Giornali e Tv locali, Fondo unico

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EDITORIA

Giornali e Tv locali, Fondo unico

ROMA - Cambia il finanziamento all’editoria.La Camera ha approvato ieri il disegno di legge che istituisce il Fondo per il pluralismo e l’innovazione con 292 voti favorevoli, 113 contrari e 29 astenuti (Lega e Fratelli d’Italia), che passa ora al Senato. Rispetto al passato, manca qualsiasi riferimento alle concentrazioni, pur di grande attualità. Si escludono dai contributi i giornali di partito e quelli quotati in Borsa o controllati da società quotate.

Il Fondo sarà istituito presso il Ministero dell’Economia (il testo originario prevedeva la Presidenza del Consiglio). Ad alimentarlo saranno: le risorse statali destinate al sostegno dell’editoria, quelle per l’emittenza radiofonica e televisiva locale e una quota, sino ad un massimo di cento milioni, delle eventuali maggiori entrate versate per il canone televisivo. Maggiori entrate rispetto alla cifra fissata quale introito da canone per la Rai, dal 2016 al 2018, nel Bilancio dello Stato (circa 1,7 miliardi lordi annui): e, infatti, la legge precisa che tale finanziamento al Fondo vale sino al 2018 (e dopo?). L’Aula di Montecitorio ha confermato il prelievo, pari allo 0,1% del reddito annuo, a carico dei concessionari di pubblicità della carta stampata, della radiotelevisione e del Web. Riguarderà anche gli editori che raccolgono direttamente la pubblicità. Sottoposte al prelievo le società, come i “centri media”, che svolgono attività di intermediazione nel mercato pubblicitario. Non verranno incluse nel Fondo le sanzioni comminate dall’Agcom per alcune violazioni di norme sulla radiotelevisione: decisivo il parere della Ragioneria dello Stato fatto proprio dalla commissione Bilancio.

Il Fondo sarà destinato a diversi beneficiari, con modalità che saranno stabilite dal Governo, con apposita delega. La legge vi include: le imprese il cui capitale sia detenuto a maggioranza da cooperative, fondazioni o enti senza fine di lucro (per tre anni), le cooperative giornalistiche, gli editori di testate per le minoranze linguistiche, i giornali delle associazioni dei consumatori iscritte in apposito elenco, i giornali in lingua italiana editi e diffusi all’estero o editi in Italia e diffusi all’estero, i periodici per non vedenti e ipovedenti. Esclusi i giornali di partito e dei movimenti politici e sindacali, quelli quotati in Borsa o editi da società quotate, i periodici specialistici di carattere tecnico, aziendale o scientifico.

Tra i requisiti per accedere ai contributi: il rispetto dei contratti di lavoro, la riduzione a due anni dell’anzianità dell’impresa editoriale, l’obbligo di dare evidenza al contributo ricevuto e l’edizione in formato digitale multimediale della testata per cui si chiede il contributo. Quest’ultimo, senza distinzione tra testata nazionale e locale, sarà in funzione delle copie annue vendute, che dovranno comunque essere superiori al 30% di quelle distribuite. Per le testate online si terrà conto del numero dei giornalisti, dell’aggiornamento dei contenuti e degli utenti unici. La pubblicazione di pubblicità lesive dell’immagine e del corpo della donna porterà all’esclusione dai finanziamenti. Il contributo non potrà superare il 50% dei ricavi totali dell’impresa editoriale.Nel testo la progressiva liberalizzazione per la rete di edicole e l’adeguamento delle pensioni dei giornalisti a quelle generali. Il Movimento5Stelle ha votato contro: «Il governo continua a regalare soldi pubblici agli amici editori e tiene la stampa al guinzaglio».

Secondo il relatore Roberto Rampi, Pd, «apriamo all’innovazione, a giovani che vogliano tentare l’avventura del giornalismo vero. E impediamo che chiudano le tante piccole grandi voci del Paese». Protesta il presidente dell’Ordine dei giornalisti per la riduzione a 36 del numero dei consiglieri nazionali, ma è favorevole il parere di dodici presidenti di Ordini regionali. Favorevole il parere della Fnsi: «La revisione delle norme esistenti può contribuire a porre le basi per una ripresa del mercato e dell’occupazione».

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