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Vino italiano dal metanolo al successo globale: +575% in trent’anni

Agf
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Ormai per l'intera agricoltura è un vero e proprio mantra, il modello cui guardare per lasciarsi le crisi alle spalle. Ma il successo che vanta oggi il vino made in Italy, riconosciuto in tutto il mondo, è frutto di una lunga parabola che affonda le radici nel tempo. Trent'anni fa lo scandalo del metanolo (23 vittime e decine di intossicati) rappresentò il punto più basso da cui ripartire, come ricordato ieri dalla Coldiretti con il convegno dal titolo evocativo “Accadde domani, a 30 anni dal metanolo, il vino e il made in Italy verso la qualità”, per raccontare come una crisi possa anche rappresentare un trampolino di rilancio verso una lunga serie di successi.

Il turnaround messo a segno dal vino italiano è tutto nei numeri: nel 1986 l'Italia produceva 77 milioni di ettolitri che oggi sono scesi a 47 in linea con i consumi pro capite passati dai 68 degli anni Ottanta ai 37 di oggi. Ma il calo produttivo e dei consumi ha portato con sé un'esplosione dei valori, trainati dall'export passato da un valore di 800 milioni di euro nel 1986 ai 5,4 miliardi del 2015 (+575%). E spinto dall'export è volato l'intero giro d'affari del settore passato dai 4 miliardi di euro di trent'anni fa ai 9,4 di oggi.

Una parabola che ha avuto come costante la crescita della qualità testimoniata dal boom delle etichette Doc e Docg che erano il 10% della produzione totale negli anni '80 e sono il 35% oggi. Un valore che aggiungendo il dato dei vini Igt, porta la quota del vini certificati sul totale al 66 per cento.

E forse ancora più significativi sono i numeri per i quali non è possibile effettuare un confronto e cioè le cifre relative a quelli che oggi sono veri e propri fenomeni nel settore e che nel 1986 non esistevano. Come l'enoturismo che lo scorso anno ha coinvolto 3 milioni di persone, o come ancora il vino biologico, sconosciuto fino a qualche decennio fa e che nel 2015 ha riguardato in Italia una superficie di 72mila ettari.

Il progressivo rafforzamento della qualità dei prodotti è spesso andato di pari passo con l'innovazione tecnologica con importanti soluzioni introdotte nel settore e ricordate dalla stessa Coldiretti: dall'avvento della bag in box ai tappi innovativi e alle tecnologie per garantire la tracciabilità dei vini. Non sono mancate le soluzioni più strane come le bottiglie invecchiate sul fondo del mare o la messa a punto di prodotti della cosmesi a base di vino. Idee che, se non hanno aperto nuove fette di mercato, sono però rappresentative del sempre maggiore peso rivestito in questi anni nel settore dalle politiche di marketing.

«I successi non ci fanno dimenticare – ha detto il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo – che c'è ancora molto da fare. Accanto alle leadership nelle esportazioni e nella qualità, il vino vanta anche il primato non proprio invidiabile della burocrazia. Il numero di giornate lavorative oggi dedicate dai produttori alle incombenze burocratiche è arrivato a 70 l'anno. Un'enormità. Ci aspettiamo su questo fronte un deciso cambio di passo a cominciare dal Testo unico del vino tante volte annunciato ma finora rimasto ancora sulla carta».

«È importante ricordare il percorso compiuto dal vino – ha aggiunto il ministro per le Politiche agricole, Maurizio Martina – soprattutto a quei settori come zootecnia e ortofrutta che oggi non vedono vie d'uscita alla loro crisi. Proprio come non ne vedeva il vino nel 1986. Ma non dimentichiamo le sfide future. A cominciare dalla qualità che non è un dato acquisito come non è vinta la partita della semplificazione come non è chiuso il capitolo sulla ricerca. Anzi, penso che proprio la filiera del vino dimostri il contrario visto che il sequenziamento del genoma della vite è stato realizzato in questi anni in Italia e questo spiega che c'è una via italiana alla ricerca e non passa certo dall'oscurantismo».

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