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Dossier Investimenti pubblici e privati per il sistema della ricerca

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    Dossier | N. 3 articoliRapporto Toscana

    Investimenti pubblici e privati per il sistema della ricerca

    La Toscana mette carburante nel motore della ricerca. Su 260 milioni di fondi europei 2014-2020 disponibili per ricerca e innovazione, il Governo regionale ne ha già messi a bando più della metà. La politica industriale si fa anche sul territorio, e le scelte strategiche della Toscana da tempo hanno al centro i temi della formazione e dell'innovazione. Come dimostra la nascita, nel 2005, della Fondazione Toscana life sciences (Tls), ente no-profit con sede a Siena, al quale partecipano le istituzioni locali, il Monte dei Paschi, la Scuola Normale e il Sant'Anna di Pisa, insieme all'Istituto di ricerca integrata Imt di Lucca. La Fondazione Tls, presieduta da Fabrizio Landi, coordina il distretto di Scienza della vita, che raccoglie le attività pubbliche e private in materia nei tre poli di Siena, Pisa e Firenze.

    Anche i privati mettono carburante nel motore della ricerca toscana. A fine gennaio General Electric ha presentato il “Progetto Galileo”, che prevede un nuovo centro di eccellenza mondiale per lo sviluppo di turbine e compressori, con un investimento di 600 milioni di dollari (200 milioni sono di finanziamento pubblico e, in parte, il progetto riguarderà anche altre regioni). L'obiettivo è creare 500 posti di lavoro (in prevalenza ricercatori) e nell'arco dei prossimi cinque anni far crescere di 1,7 miliardi di dollari i ricavi del comparto produttivo del gruppo, che ammontano a 4,8 miliardi di euro in Italia, di cui 3,5 in Toscana dove c'è il cuore della divisione Oil&Gas del colosso Usa.

    Il settore farmaceutico è tra i più dinamici sul fronte dell'innovazione, grazie agli investimenti dall'estero, come nel caso dell'insulina biotecnologica prodotta dalla Eli Lilly a Sesto Fiorentino o della divisione vaccini della ex Novartis, acquistata un anno fa da GlaxoSmithKlein, ma anche e soprattutto per merito delle aziende toscane che nel tempo hanno consolidato una vera e propria pharma valley diffusa: dalla lucchese Kedrion alla pisana Abiogen, fino al colosso fiorentino Menarini, leader nazionale con 3,5 miliardi di ricavi e quasi 17mila dipendenti nel mondo, la cui divisione ricerca impiega 700 risorse ed è guidata da Andrea Pellacani, un “cervello di ritorno” dagli Stati Uniti. «Nel 2015 abbiamo investito in ricerca 266 milioni, più del doppio di dieci anni fa», sottolinea Domenico Simone, membro del board del gruppo presieduto da Lucia Aleotti.

    Pubblico e privato sembrano voler procedere di pari passo. «Lo stato della ricerca nella regione è ottimo», conferma Massimo Inguscio, ordinario di Fisica della materia, una laurea alla Normale di Pisa nei primi anni 70, da poche settimane al vertice del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). «In alcuni campi, come l'ottica, le bio-nanotecnologie e l'informatica, la Toscana esprime eccellenze di livello internazionale – aggiunge - e il modello di Cnr nei due poli di Firenze e Pisa è virtuoso perché riesce a interagire con Università e imprese».

    Il sistema della ricerca è ben articolato sul territorio: tre Università (Firenze, Pisa e Siena), con due realtà di rilievo internazionale nel campo della ricerca come la Scuola Normale e il Sant'Anna (entrambi fanno parte dell'Ateneo di Pisa); laboratori ai vertici mondiali nei rispettivi settori, come Lens (spettroscopia) e Cerm (fisica delle particelle) nel polo scientifico di Sesto Fiorentino, e Virgo, l'interferometro per rilevare le onde gravitazionali di Cascina (Pisa), al centro delle cronache dopo che i ricercatori americani hanno per primi confermato la teoria di Albert Einstein sull'esistenza delle “onde”; una presenza del Cnr, nel capoluogo regionale e all'ombra della Torre pendente, che per numero di ricercatori vede la Toscana al terzo posto in Italia (dopo Lazio e Lombardia); l'Istituto nazionale di Fisica nucleare (Infc), con sedi a Firenze e Pisa, l'Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf), a Firenze, e l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), a Pisa. E nei giorni scorsi è stato inaugurato in provincia di Grosseto, a Borgo Santa Rita, Certema, Laboratorio tecnologico multidisciplinare della Toscana. In tutto, i centri di ricerca nella regione sono oltre 240 e occupano 2.700 ricercatori (più di 7mila gli addetti complessivamente).
    «Ci sono ancora potenzialità di crescita importanti per la ricerca in questa regione», commenta Simone del gruppo Menarini. «Le vere innovazioni nascono dalla ricerca pura, ma non tutti possono fare tutto – spiega Inguscio – ecco perché bisogna prendere decisioni strategiche e concentrare le risorse, così come diventa fondamentale riuscire a collaborare con il mondo delle imprese».

    La questione del trasferimento tecnologico è uno dei punti nodali per far funzionare la macchina dell'innovazione. Andrea Piccaluga, docente di Economia e Gestione delle imprese alla Scuola Sant'Anna di Pisa, è presidente di Netval: un network tra enti di ricerca e Università che a livello nazionale punta a far dialogare chi si occupa di trasferimento tecnologico. «Fermo restando il principio di trasparenza che deve caratterizzare la Pubblica amministrazione - dice Piccaluga -, attraverso Netval sappiamo qual è il nocciolo dell'ecosistema dell'innovazione sul quale contare per la valorizzazione dei risultati della ricerca pubblica, sapendo che la dimensione d'impresa fa la differenza». È il terreno sul quale deve più lavorare la Toscana, a causa del suo tessuto produttivo fatto in gran parte di piccole aziende.

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