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Dossier La sfida è mantenere la rotta della ripresa

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    Dossier | N. 3 articoliRapporto Toscana

    La sfida è mantenere la rotta della ripresa

    A guardarla adesso, dopo sette anni di crisi insidiosa, la (sempre) bella Toscana è un territorio con meno benessere e più disoccupati, meno aziende e maggior divario economico tra l'area interna (più forte) e la zona costiera, meno industria e più servizi. Ma è anche un'”officina” in grande fermento, in cui si lavora cercando di superare - spesso con difficoltà, a volte in modo scomposto - vecchi e nuovi ostacoli che frenano lo sviluppo (come la contrapposizione industria-paesaggio) e di costruire solidi pilastri ai quali agganciare la ripresa.

    Nel 2015 i motori dell'economia si sono finalmente riaccesi e il Pil è tornato a crescere (+0,8% le stime di Bankitalia in linea con il dato nazionale, +1% quelle dell'Irpet), trainato dall'export (+2,4%) più che dai consumi interni. Anche l'occupazione si è mossa (+27mila assunzioni nel 2015), spinta dalla decontribuzione e dal Jobs Act. Il tasso di disoccupazione è sceso all'8,5%. Il credito alle imprese ha imboccato la risalita, toccando +0,7% nel terzo trimestre 2015 in un contesto segnato dalla crisi di BancaEtruria e dalle incertezze sul nuovo assetto di Mps.

    Per quest'anno è previsto un rafforzamento della crescita (+1,4% il Pil, +1,7% i consumi, +2,6% gli investimenti secondo le stime Prometeia), anche se le incognite - interne e esterne all'Italia - restano tante.

    Spinta dalla crisi, l'”officina” ha intensificato il lavoro. Qualche tassello è già andato a posto, come la fusione delle società di gestione degli aeroporti di Firenze e Pisa, che ha dato vita a Toscana Aeroporti e aperto alla costruzione della nuova pista dello scalo fiorentino (300 milioni l'investimento che riguarda anche il nuovo terminal, in corso la valutazione di impatto ambientale). O come gli accordi di programma firmati dalla Regione con il Governo per il rilancio del polo siderurgico di Piombino (142,2 milioni) e dell'area di Livorno (542 milioni), che mettono in campo soldi pubblici con l'obiettivo di attrarre investimenti privati.

    È questa la leva che ha deciso di spingere il presidente della Regione Enrico Rossi: «Visto che siamo in una fase di risorse pubbliche contenute - spiega - vogliamo indirizzarle verso progetti che hanno la capacità di attrarre anche investimenti dei privati. È così per il nuovo porto di Piombino, che non è stato fatto solo in funzione della siderurgia ma anche dell'arrivo di altri investitori, a cominciare da Saipem con il polo di rottamazione delle navi; ed è così per l'ampliamento del porto di Livorno, con la nuova darsena in project financing e la ferrovia».

    La strategia, del resto, si incrocia con quella decisa dalla Regione per l'utilizzo dei fondi europei 2014-2020 che, per la prima volta, andranno anche alle grandi aziende e perfino alle multinazionali come General Electric, in passato escluse dai contributi pubblici. Dietro questa scelta c'è, evidentemente, la necessità di tenere ancorati al territorio gruppi strategici per l'occupazione e l'innovazione, scelta che ha portato con sé un cambio di atteggiamento da parte degli enti pubblici. L'attrazione degli investimenti esteri, addirittura, è diventata il “pallino” del governatore Rossi, che ora la indica come principale leva per accelerare la ripresa: «Nei confronti delle multinazionali che si presentano sul nostro territorio - sottolinea - cerchiamo di essere friendly, pronti ad accompagnarle nei progetti. E i risultati ci stanno dando ragione, visto che il Financial Times ha appena piazzato la Toscana al secondo posto tra le regioni europee di medie dimensioni per le politiche di attrattività degli investimenti». In questo contesto rientra anche il tentativo in atto di cambiare la formazione, per avvicinarla di più al mondo del lavoro e in particolare ai distretti.

    Restano ancora parecchi nodi ingarbugliati o ignorati, a partire da quello infrastrutturale che ha prodotto un ventaglio di ”eterne incompiute” (dalla stazione dell'Alta velocità all'autostrada Tirrenica, fino alle terze corsie sulla A1 e sulla A11) e che contribuisce ad affondare il settore delle costruzioni; o come quello energetico, con alcune grandi aziende che hanno ventilato la fuga se i costi non caleranno; e ancora l'accordo di programma per il rilancio di Massa-Carrara, una delle aree più in difficoltà, annunciato ma poi arenatosi.
    E resta l'incognita del lavoro: «I prossimi mesi, con la drastica riduzione dei bonus, faranno chiarezza sul dinamismo del mercato del lavoro anche in Toscana», sostiene Daniele Quiriconi della segreteria regionale Cgil, ricordando che i disoccupati rimangono 148mila, cioè 60mila in più del dato di inizio crisi.

    Una crisi, quella 2008-2014, che in Toscana ha prodotto un aumento del peso sul Pil per i servizi (saliti dal 69 al 72,5%, in cui rientra il 4,5% del turismo) e un calo per l'industria (dal 20,3% al 17,8%) e le costruzioni (dal 5,5% al 4,4%); stabile la quota dell'agricoltura (passata da 2,2 a 2,3%). «In questa fase difficile la Toscana ha mostrato una migliore tenuta rispetto alle regioni leader - conclude Rossi - e oggi è tra le aree europee di medie dimensioni con il profilo più qualificato. Per fare lo scatto vero ora serve la ripresa del lavoro e quindi della domanda interna».

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