Economia

Boom di investimenti italiani a Tokyo

  • Abbonati
  • Accedi
Industria

Boom di investimenti italiani a Tokyo

  • –Stefano Carrer

TOKYO

Per molti anni è stato un ritornello: all’intensità dei rapporti commerciali tra Italia e Giappone non corrispondeva un adeguato flusso di investimenti diretti. Ora ci sono segnali che la situazione stia cambiando in entrambe le direzioni: se di recente colossi come Hitachi e Mitsubishi Electric hanno fatto le maggiori acquisizioni estere in Italia, nel 2015 le aziende italiane sono balzate dalla 29^ alla nona posizione nella classifica dei Foreign direct investments nel Sol Levante. Lo rileva il primo Annual Report sugli Fdi pubblicato dalla Japan External Trade Organization (Jetro), secondo cui dall’Italia sono arrivati flussi per 323 miliardi di yen (2,7 miliardi di euro).

Non si tratta solo di investimenti nel settore della moda, né solo di società che hanno deciso di fare da sole eliminando il partner giapponese. Proprio oggi, a Chichibu, nella provincia di Saitama, viene inaugurato il primo impianto fotovoltaico realizzato da un gruppo italiano, Infrastrutture spa, tramite la sussidiaria Hergo Sun Japan: darà elettricità a mille famiglie. «Dopo aver completato con successo questo progetto, contiamo di espandere l’applicazione del nostro know-how anche ad altre tecnologie ecologiche», afferma il ceo Pier Francesco Rimbotti.

L’interesse di aziende straniere per l’energia solare in Giappone risale agli incentivi voluti da Naoto Kan, il premier al tempo dello tsunami che prima di dimettersi varò un piano in favore delle energie alternative. Sul fatto che l’Abenomics stia davvero favorendo gli Fdi, i giudizi restano differenziati. Già oggi si potrà forse sapere se Sharp finirà ai taiwanesi di Foxconn, mentre Airbnb si lamenta di nuove regole: il governo preme perché l’ospitalità sia limitata a periodi di almeno una settimana.

Il report di Jetro rileva comunque che lo stock di Fdi ha raggiunto il massimo storico a 23.300 miliardi di yen (187,7 miliardi di euro) a fine 2014 e secondo le stime preliminari è restato su livelli simili (22.900 miliardi) a fine 2015. «Crediamo che il target di uno stock di Fdi a 35mila miliardi di yen entro 5 anni sia raggiungibile», afferma il presidente Hiroyuki Ishige. Tra le aziende che Jetro ha supportato, figura ad esempio la INglass di San Polo di Piave, che ha fondato la controllata HRS Japan a Nagoya per aumentare il business “automotive”. Nell’aprile 2015 è stato inaugurato il One-Stop Business Establishment Center preso la sede di Jetro, per offrire un punto unico di consulenza completa a chi vuole investire. L’ultimo libro bianco dell’European Business Council in Japan è intitolato “Golden opportunity”: l’occasione d’oro si riferisce alle prospettive che si aprirebbero con l’Economic Partnership Agreement tra Ue e Tokyo, i cui negoziati rischiano però di incagliarsi. Una prospettiva che spaventa il nostro settore agroalimentare, che teme svantaggi competitivi rispetto ai produttori di Paesi che hanno o avranno presto un accordo di libero scambio. Oltre 150 espositori sono presenti alla fiera Foodex apertasi ieri: il Padiglione Italia è il più grande tra quelli stranieri. Per l’occasione, l’Ice ha aggiornato e messo online una guida agli importatori giapponesi di vini e cibi made in Italy. Alcuni prodotti vanno molto bene (prosciutto di Parma +20%), ma il trend generale appare stazionario. Non si sbloccano alcuni dossier bilaterali come il kiwi, mentre la carne bovina di alcuni Paesi europei è stata da poco riammessa in Giappone. Non ancora quella made in Italy.

© RIPRODUZIONE RISERVATA