Economia

Dossier Standard italiani per lavoratori stranieri

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    Dossier | N. 34 articoli I nuovi lavori

    Standard italiani per lavoratori stranieri

    Ricorrere alla somministrazione di lavoro con distacco transnazionale effettuata da agenzie di Paesi neocomunitari può comportare conseguenze negative per l'azienda utilizzatrice. A fronte di un risparmio immediato sui costi, infatti, nel caso vengano riscontrate irregolarità, per esempio in materia di trattamento retributivo, l'impresa deve rispondere in via solidale con l'agenzia per il lavoro.

    Il ricorso a personale somministrato da parte di operatori con sede in Paesi neocomunitari (Romania e Polonia per esempio) è particolarmente forte in alcuni settori, quali l'edilizia, ma soprattutto l'autotrasporto. Qui, come affermato da Paolo Pennesi, direttore dell'Ispettorato nazionale del lavoro, si arriva anche al 30% di lavoratori in forza.

    Utilizzare stranieri somministrati comporta l'obbligo di garantire parità di trattamento economico dei dipendenti italiani e versare i contributi previdenziali in base alla normativa del Paese di origine. Il risparmio sul costo del lavoro, quindi, deriva principalmente da quest'ultimo elemento, dato che a fronte di un'aliquota contributiva previdenziale di riferimento che in Italia è del 33%, nei Paesi neocomunitari si attesta al 12-15 per cento. Ma la differenze viene fatta anche dalle regole che gli operatori italiani devono rispettare tra cui l'utilizzo di personale adeguatamente formato, capitale sociale di almeno 600.000 euro (mentre all'estero ne possono bastare 7.000), presenza in almeno quattro regioni. Non a caso si segnala anche il fenomeno dell'esterovestizione, cioè di operatori italiani che aprono società all'estero per essere più competitivi.

    Tuttavia può accadere che per risultare ancora più convenienti, le agenzie per il lavoro (Apl) straniere non garantiscano pari trattamento retributivo ai dipendenti o, ancora, che non versino i già ridotti contributi previdenziali. Ma a fronte di irregolarità verificate da parte del personale ispettivo nell'azienda italiana utilizzatrice è quest'ultima a rischiare di più. «Su questo argomento c'è grandissima disinformazione - afferma Patrizia Fulgoni, consigliere Assolavoro con delega alla legalità -, le Apl neocomunitarie hanno diffuso informazioni non corrette per far utilizzare questo strumento, ma le agenzie rischiano poco o niente mentre le aziende rischiano molto perchè devono rispondere in solido dei contributi non versati e delle retribuzioni non corrette». Per fare chiarezza al riguardo Assolavoro ha realizzato il prospetto informativo “Somministrazione transnazionale di lavoro” in cui viene ricordato, ad esempio, la necessità, per l'utilizzatore, di verificare che l'Apl abbia l'autorizzazione a operare rilasciata nel Paese d'origine, che siano forniti i modelli A1 (che certificano l'iscrizione dei lavoratori al sistema previdenziale).

    Purtroppo, però, la verifica del rispetto delle regole finora non è stata agevole, anche per il personale ispettivo. «Il certificato A1 - spiega Pennesi - non dà contezza che i contributi vengano effettivamente versati, a differenza del nostro Durc, mentre per il trattamento economico la documentazione è una fattura onnicomprensiva per erogazione servizi da cui è difficile risalire alla regolarità retributiva».

    Comunque la situazione dovrebbe cambiare in futuro. L'attuazione della direttiva europea 67/2014, consentirà, prosegue Pennesi, «di chiedere documentazione equipollente a quella italiana, e tradotta nella nostra lingua, prove del pagamento delle retribuzioni, i cartellini degli orari». L'attuazione della direttiva, però, non è immediata e la messa a punto degli strumenti normativi, stima il direttore, dovrebbe concludersi nell'arco di un anno.

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