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Acque, Veneto capofila dell’innovazione europea

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Acque, Veneto capofila dell’innovazione europea

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Si chiama Smart-Plant il progetto di ristrutturazione degli impianti di depurazione esistenti con tecnologie innovative che consentono il recupero di materia rinnovabile (cellulosa, biopolimeri, fertilizzanti, acqua) e la successiva lavorazione di questi materiali fino alla produzione di beni di consumo recuperati. L’obiettivo è la chiusura della catena del valore. Così l’economia circolare entra nella gestione dei depuratori municipali.

Smart-Plant, presentato a Venezia, ha un budget di 9,6 milioni, coinvolge 25 partner europei (17 piccole e grandi aziende, di cui 7 water utilities, oltre a 8 università e Centri di ricerca) ed è coordinato dall’università di Verona. In Italia il sito di innovazione sarà il depuratore di Carbonera (Treviso) gestito da Alto Trevigiano Servizi, unica water utility italiana partner del progetto. A completare il panel di partner italiani, l’università di Roma “La Sapienza” e la piccola-media impresa Scae (Dueville – Vicenza). Oltre all’Italia, a Smart-Plant partecipano altri Paesi europei come Spagna, Germania, Olanda, Inghilterra, Grecia, Portogallo, e Paesi extra-UE come Norvegia, Svizzera e Israele.

In Europa operano circa 22mila depuratori municipali e gli investimenti nel settore supereranno verosimilmente 37.6 miliardi di euro entro il 2017. Questi numeri crescono enormemente se si considerano gli investimenti previsti anche fuori dall’Unione europea, nei Paesi a forte sviluppo economico-industriale. Indirizzare questi investimenti verso soluzioni tecniche sostenibili e recupero di risorse rinnovabili, oltre che decontaminazione degli scarichi, può essere volàno per lo sviluppo economico circolare dell’Unione europea.

Per l’assessore veneto all’Ambiente Gianpaolo Bottacin «nella raccolta differenziata dei rifiuti urbani il Veneto è già al 65%, prima regione d’Italia». Smart-Plant consolida questa attenzione per l’ambiente – ha aggiunto – e attraverso un esempio di economia circolare riesce a rimettere in circolo quello che viene recuperato dagli scarti. «Esistono tecniche sostenibili che ogni anno possono permettere di recuperare, dagli scarichi domestici di ogni cittadino, circa 7 kg di cellulosa, oltre 3 kg di biopolimeri, 1 kg di fosforo ed oltre 4 kg di azoto – ha sottolineato Francesco Fatone del dipartimento Biotecnologie dell’università di Verona e coordinatore internazionale del progetto - Smart-Plant verifica la validità sul campo queste soluzioni, realizzando una piattaforma europea che dimostrerà come sia fattibile e sostenibile integrare i nostri depuratori urbani e trasformarli in impianti di recupero, con forti impatti economici e sociali, oltre che ambientali, che andremo chiaramente a quantificare».

Il ruolo delle water utilities – ha spiegato Marco Fighera, presidente di Alto Trevigiano Servizi - «è dimostrare come le nostre aziende possono trarre forte valore aggiunto dalla depurazione, visto in passato come un settore marginale del servizio idrico. Essendo una realtà costituita da soci pubblici possiamo e dobbiamo aspirare ad essere primi attori nel mercato circolare, rendendo un servizio più sostenibile all’utente e alle generazioni future». Il depuratore di Carbonera – ha aggiunto Daniele Renzi, coordinatore del progetto per Alto Trevigiano Servizi «diventerà la macchina operativa del progetto. Oltre a depurare i composti inquinanti con maggiore efficienza e minori costi, avremo in particolare un recupero biologico di fosforo e di biopolimeri. Il primo è un importante componente essenziale dei concimi e dei mangimi animali, le cui riserve mondiali sono in via di esaurimento. La produzione di biopolimeri da scarti di depurazione consentirebbe una riduzione dei fanghi da smaltire del 30-40% e la conseguente produzione di plastica non più a partire dal petrolio, ma dagli scarti dei nostri scarichi. Il nostro ruolo in SMART-Plant è quantificare i benefici ambientali ed economici di tali tecnologie, da condividere poi con le altre aziende del Servizio Idrico italiane».

Le attività saranno condotte misurando sperimentalmente le emissioni di gas serra e l’impatto ambientale, la percezione e partecipazione sociale, e le ricadute economiche, in un'ottica di economia circolare e recupero sostenibile, che supera il tradizionale concetto di “produzione-smaltimento”. Smart-Plant, acronimo di “Scale-up of low-carbon footprint Material Recovery Techniques for upgrading existing wastewater treatment Plants”, è stato selezionato tra 174 proposte che la Comunità europea finanzia in ambito Horizon 2020, il più prestigioso programma europeo di finanziamento di Ricerca, sviluppo ed innovazione.

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