Economia

Il divario sempre più largo tra Nord e Mezzogiorno

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Il divario sempre più largo tra Nord e Mezzogiorno

Il Sud, rebus insoluto. Gianfranco Viesti, economista che insegna all’università di Bari e che ha solidi addentellati con il mainstream settentrionale (è stato allievo in Bocconi di Fabrizio Onida e fa parte dell’Associazione Il Mulino), al Forum di Confcommercio a Cernobbio fa un esercizio molto semplice. Legge i tempi medi di percorrenza per raggiungere in treno, dalla sua Bari, altri centri nevralgici del Mezzogiorno. Da Bari a Napoli, tre ore e quarantasei minuti di percorrenza. Si va ai settanta all’ora.

Da Bari a Catanzaro, otto ore e quattordici minuti di viaggio. Si va ai quaranta all’ora. Clemente Fuest, economista tedesco ospite della stessa sessione a Villa d’Este, guarda Viesti allibito. Il Sud, nella rappresentazione statistica della Svimez, dell’Istat e della Banca d’Italia, ha un profilo quantitativo sempre più deteriorato. Dal 2008, il divario fra il Nord e il Sud si è allargato in misura considerevole. Il risultato è, per il Mezzogiorno, il rischio di una deriva greca. Con un rimbalzo potenzialmente assai negativo per tutto il Paese.

«L’economia del Mezzogiorno – osserva Viesti – è incompleta. La naturale propensione a integrarsi con le altre economie ha, nel caso del Sud rispetto al Nord, una profondità rilevante. Un punto di Pil del Sud attiva 0,4 punti di Pil del Nord». Dunque, la deriva del Mezzogiorno ha effetti sistemici gravi su tutta l’Italia. Il giochino di Viesti, che offre uno spaccato sul Sud realizzato semplicemente scaricando dal sito delle Ferrovie dello Stato gli orari e i termini di percorrenza fra Bari e Napoli e fra Bari e Catanzaro, serve per capire il grado di deterioramento della geografia – economica, sociale e infrastrutturale – del Sud Italia.

«Se vogliamo dare al Mezzogiorno un futuro – riflette Viesti – dobbiamo provare a orientare lo sviluppo economico sui servizi e soprattutto dobbiamo ragionare in termini di sistema». Il vecchio schema manifatturiero di stampo novecentesco non si può più ripetere. Non ci sono più le condizioni storiche. E ha comunque un grado di complessità differente da quello che serve adesso. «Fabbricare automobili a Pomigliano d’Arco e a Melfi – dice Viesti – ha un grado di complessità limitato alla gestione delle fabbriche, alla logistica e all’approntamento di un minimo di rete di subfornitura. La costruzione di una cultura dei servizi, per esempio nel turismo, è assai più articolata. Devi elaborare un sistema dei valori. Devi sostenere un sistema dell’accoglienza. Devi creare un sistema dei collegamenti, appunto con la rete di trasporto composta dai treni che si integri con gli aeroporti collegati a loro volta con gli hub internazionali. Devi rendere fertile il sistema dell’impresa». La soluzione - o almeno il tentativo di soluzione – del rebus Sud – e dunque del rebus Italia - passa anche da qui.

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