Economia

Merci, via ai corridoi intermodali

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Industria

Merci, via ai corridoi intermodali

  • –Raoul de Forcade

È partito ieri il fast corridor intermodale tra Genova e Piacenza, che si aggiunge a quello , inaugurato da pochi giorni, fra La Spezia e Piacenza. E l’Italia si ritrova all’avanguardia in Europa sull’utilizzo dei corridoi doganali veloci, ossia i percorsi privilegiati studiati per alcune merci in container, che servono a trasferirle dai porti ad aree logistiche esterne, dove vengono stivate in magazzini di temporanea custodia e lì sdoganate. A fornire i dati sul servizio è Teresa Alvaro, direttore centrale per la tecnologia e l’innovazione dell’Agenzia delle dogane. Ma non mancano le critiche al sistema da parte degli spedizionieri.

Attualmente, spiega la Alvaro, sono operativi 5 fast corridor su gomma, «attivati da aprile 2015, con nodo logistico di destinazione i magazzini di Ikea in Piacenza e con origine porto di Genova (due corridoi), Voltri (un corridoio) e porto della Spezia (due corridoi). Dall’attivazione a fine febbraio sono stati movimentati 267 container». Vi è poi «il corridoio su gomma dal porto di Livorno verso l’interporto labronico, che ha movimentato, dal 15 ottobre 2015 a tutto febbraio, 195 container». Per quanto riguarda la ferrovia, «il corridoio via ferro dal porto della Spezia a Melzo, attivo dal 26 giugno 2015, ha movimentato 320 container». Si sta sperimentando, poi, il corridoio Ravenna-interporto di Bologna, inaugurato a gennaio.

Da ieri, poi, è operativo, dice la Alvaro, il corridoio intermodale «Genova - Rivalta Scrivia – Piacenza Ikea. La merce in container arriva nel porto della Lanterna, viaggia su treno fino a Rivalta, poi viene messa su camion per andare a Piacenza. Il 15 marzo era partito un altro corridoio intermodale, quello dal porto di La Spezia a Melzo, via treno, e poi, su gomma, verso Piacenza Ikea».

Si tratta, prosegue la Alvaro, di procedure che «consentono l’immediato inoltro delle merci al luogo ritenuto più conveniente dal proprietario per lo sdoganamento, sostituendo al monitoraggio documentale il dialogo telematico tra gli attori della catena logistica e rafforzando i controlli con il monitoraggio fisico delle merci».

Il servizio, afferma Milena Benzi, customs manager di Ikea Italia Distribution, «risponde pienamente alle nostre esigenze: avevamo già una catena logistica “matura” che ci consentiva di tracciare la merce dalla partenza. Questo flusso s’interrompeva ai porti italiani, obbligandoci a fornire nuovamente tutti i dati con spreco di tempo e di risorse. Ora possiamo tracciare il contenitore in ogni minuto di viaggio, in un flusso full digital, senza ridondanze». Oggi i corridori corrispondono, aggiunge, «al 35% del nostro flusso marittimo, ma cresceremo. I fast corridor intermodali ci porteranno a coprire almeno il 60% del flusso entro l’anno corrente».

Tutt’altro che contente del sistema, sono invece, le case di spedizione di La Spezia, Genova e Savona, che hanno fatto ricorso al Tar del Lazio contro i corridoi. «Riteniamo – afferma il presidente degli spedizionieri spezzini, Alessandro Laghezza – che il fast corridor non introduca efficienza ma, anzi, tempi più lunghi rispetto alla procedura tradizionale con la dichiarazione doganale di transito, sia costoso e abbia limiti sia sotto il profilo di sicurezza fiscale che per la security delle merci».

Un punto di vista condiviso da Francesca Cozzani, presidente di Confindustria La Spezia: «I fast corridor, andrebbero a duplicare altrove investimenti e professionalità già presenti alla Spezia e nel suo retroporto». Critica anche la Spediporto di Genova, che ieri ha celebrato l’assemblea annuale: «Nessun altro Paese Ue - dice il direttore generale, Giampaolo Botta - utilizza procedure assimilabili ai fast corridor perché non sono previsti dalla normativa nazionale e comunitaria, sono onerosi e non creano efficienza».

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