Economia

Export extra-Ue: a febbraio riparte ma resta una corsa a ostacoli

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congiuntura DIFFICILE

Export extra-Ue: a febbraio riparte ma resta una corsa a ostacoli

Da vicino il rimbalzo è notevole. Sulla lunga gittata, le preoccupazioni restano e le nubi non si diradano. Dopo il pesante calo di gennaio (-6,2%), l’Istat fotografa il commercio estero extra-Ue dell’Italia, a febbraio, in aumento del 3,3%, rispetto al mese precedente. Al netto dell’energia (-27,2%) riguarda tutti i beni: da quelli strumentali (+5,6%) ai prodotti intermedi (+4%) sino ai beni di consumo non durevoli (+3,7%) Ma su base annua, cioè rispetto a febbraio 2015, il calo resta e si attesta a - 2,8%, nei dati grezzi (quanto alle importazioni, c'è un aumento dello 0,1% sul mese e e una riduzione del 2,1% sull’anno).

Sull’anno,certo, può fare in parte la differenza dei giorni lavorativi (21 a febbraio 2016 rispetto ai 20 di febbraio 2015). Il confronto con febbraio 2015 risulta particolarmente penalizzante anche perché in quel mese si verificarono importanti movimentazioni di mezzi di navigazione marittima verso gli Stati Uniti, che pesano per oltre 3 punti percentuali sulla flessione tendenziale dell’export verso i paesi extra Ue.

Tuttavia, la congiuntura resta incerta e difficile da prevedere, soprattutto se si filtrano i dati con la lente dei mercatidi sbocco. Al netto del continuo crollo delle vendite verso la Russia (-20,2%), iniziato a maggio 2014 – rileva l’Istat – per il secondo mese consecutivo, si registra una flessione delle esportazioni verso gli Stati Uniti (-10,7%). Mentre danno, invece, segnali positivi il Giappone (+13,7%), i Paesi Asean (+12,5%) e la Cina (+7,6%) . proprio quelli verso i quali si temevano i maggiro rallentamenti.

«Preoccupa l’andamento di questo inizio anno sul fronte extra-Ue – ha detto Gaetano Fausto Esposito, segretario generale di Assocamerestero – . Anche il saldo Made in Italy perde terreno e si attesta su un valore di 5,7 miliardi di euro (-1,7 miliardi rispetto a gennaio-febbraio 2015), soprattutto a causa dei beni strumentali, che in un anno hanno bruciato 1,3 miliardi di attivo. L’effetto apprezzamento del dollaro e riduzione del costo delle materie prime non sembra infatti dare la giusta spinta alle nostre esportazioni nell’Area. In particolare, preoccupa il calo in un mercato come gli Stati Uniti, dove nell’ultimo anno abbiamo sperimentato costantemente tassi di crescita a due cifre e verso cui in soli due mesi le vendite si sono ridotte di mezzo miliardo di euro. L’incremento degli ordinativi esteri del mese di gennaio (+0,8% su dicembre) lascia però sperare in un’inversione di tendenza per i prossimi mesi».

Secondo Coldiretti, a pesare sulle esportazioni italiane è anche la guerra commerciale con la Russia che ha tagliato ulteriormente del 20,2%, le esportazioni Made in Italy, che sono al minimo da almeno 10 anni. Ad essere maggiormente colpiti, ricorda Coldiretti, «settori simbolo del Made in Italy, dall’alimentare alla moda fino ai mobili. Solo l’embrago totale in Russia per una importante lista di prodotti agroalimentari è costato direttamente all'Italia 240 milioni di euro nel 2015 nel solo settore agroalimentare».

Complessivamente, però, «Siamo un Paese che esporta in molti settori, ma spesso non sono esattamente i settori più competitivi – ha dichiarato Andrea Goldstein, managing director di Nomisma –. Su molti beni abbiamo un posizionamento intermedio, che consente ai tedeschi o a grandi gruppi di spuntare, rispetto a noi, migliori margini su prezzi e forniture. Intanto la concorrenza asiatica cresce. Questo significa che quando la domanda internazionale riparte, come negli Usa, alcuni settori se ne avvantaggiano ma come “sistema Paese” non riusciamo a coglierla al meglio e scontiamo i nostri nodi strutturali di minore competitività, che puntualmente vengono al pettine».

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