Il Comune di Torino sta decidendo come riqualificare l’ex area dello zoo al Parco Michelotti. È il tassello che manca al grande cambiamento metropolitano in chiave turistica avviato dieci anni fa con le Olimpiadi invernali. In pole position c’è il progetto di Zoom Torino, che prevede oltre alla Entrance Plaza e alla Children Farm la Biosfera, una zona indoor formata da due aree – Marco Polo e Amazzonia – composta da habitat esotici ricostruiti in un ambiente coperto e climatizzato.
Si tratta di un investimento di 15 milioni, con un centianio di nuovi posti di lavoro per gli impiegati della gestione diretta. Per l’indotto turistico esterno al Parco – in riva al Po – si stima un ricavo di 4,7 milioni di euro. Secondo uno studio realizzato dal professor Alberto De Marco (del Politecnico di Torino) si prevedono tra le 250 e le 275mila visite annue a regime. L’aumento del bacino di potenziali clienti delle strutture commerciali dell’area circostante avrebbe un balzo compreso tra il 30% e il 54% al giorno.
L’idea di Biosfera è di Zoom Torino, la società che ha creato a una ventina di chilometri dal capoluogo piemontese il “primo bioparco immersivo”, con la ricostruzione di habitat africani e asiatici. Dopo la costruzione avviata nel 2008, ha tagliato il traguardo dei 300mila visitatori, chiudendo la fase di start up, raggiungendo il break even contabile e due milioni di marginalità operativa (Ebitda) nel 2015 nonché 110 dipendenti (stagionali compresi). «Intendiamo mettere a disposizione della città l’esperienza maturata in questi anni – spiega l’ingegner Gianluigi Casetta, ceo di Zoom Torino –. Le statistiche, tra l’altro, ci informano che dei tanti turisti che affollano oramai la città e le sue bellezze, dai musei alle regge sabaude, è composta solo per il 18% da famiglie, per cui vi sono margini interessanti di pubblico».
Il master plan dell’area, infatti, prevede la realizzazione di una Children farm con una parte scoperta con animali domestici e una parte coperta, la Biosfera, dedicate all’ambiente tropicale. Nella zona di Marco Polo i visitatori potranno rivivere la Cina del XII secolo, con un viaggio lungo la via della sera in un giardino botanico tra un tempio cinese e laghetti abitati dalle carpe koi. In Amazzonia, invece, sarà ricostruito l’ecosistema del Rio delle Amazzoni, con spazi dedicati al gioco e all’intrattenimento.
“Zoom City”, asociabile anche a una iniziaativa museale, potrebbe diventare una interessante partnership pubblico-privata. L’investimento si realizzerà in due fasi, comprese tra il 2018 e il 2020. Non mancano anche in questo caso, come in ogni parte d’Italia, i “comitati per il no”: un combattivo “Coordinamento No Zoo”, con tanto di petizione popolare contro gli animali in cattività, la privatizzazione e Zoom. «Sempre pronti al dibattito e al confronto – conclude Casetta –, ma non alle notizie infondate. Il progetto è serio, rispetta le regole e, oltre tutto, sarebbe supportato da importanti flussi di capitale in arrivo, circostanza che non potrebbe che fare del bene al sistema economico territoriale».
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