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È durata nove mesi e mezzo la detenzione in carcere di Fabio Riva, l’ex vice presidente dell’omonimo gruppo siderurgico, coinvolto, insieme ad altri, nell’inchiesta «Ambiente Svenduto» della Procura di Taranto. Ieri il Tribunale del Riesame di Taranto gli ha concesso i domiciliari. L’imprenditore era finito in cella la sera del 4 giugno scorso ed è stato detenuto prima a Taranto, poi nell’infermeria dell’istituto penitenziario di Opera (Milano).
Accusato insieme ad altri di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, Fabio Riva fu colpito da ordinanza di custodia cautelare in carcere a fine novembre 2012 nell’ambito della seconda ondata di arresti della magistratura tarantina (la prima ci fu a luglio insieme al sequestro senza facoltà d’uso degli impianti). Fabio Riva, però, si rese irreperibile e solo alcuni giorni dopo comunicò tramite i suoi avvocati che era a Londra, città nella quale è stato sino ai primi di giugno scorso, quando ha deciso di tornare in Italia.
Il suo arresto avvenne all’aeroporto di Fiumicino appena sceso dal volo, ma nei mesi precedenti l’autorità giudiziaria italiana aveva già attivato nei confronti di quella inglese la procedura di estradizione.
Benché ammalato e reduce da un intervento chirurgico, Fabio Riva – sino a ieri l’unico imputato ancora in carcere – va ai domiciliari a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione che l’11 dicembre scorso ha annullato, con rinvio, l’ordinanza con la quale il 6 agosto 2015 era stato confermato il carcere per l’industriale. Per la Cassazione, infatti, nella conferma della detenzione in carcere, «non è stata sufficiente argomentata l’esistenza di un pericolo di reiterazione del reato in quanto l’imputato si è dimesso da ogni carica operativa nelle società del gruppo omonimo».
Fabio Riva doveva essere arrestato insieme all’ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, e all’ex responsabile delle relazioni istituzionali dell’Ilva di Taranto, Girolamo Archinà.
Entrambi a fine novembre 2012 furono colpiti dai provvedimenti restrittivi del gip Patrizia Todisco e portati in carcere. Prima di Fabio Riva, a luglio dello stesso anno furono arrestati, ma ai domiciliari dove rimasero per un anno, il fratello Nicola e il padre Emilio, entrambi ai vertici dell’Ilva (Emilio è poi morto ad aprile del 2014). Nel processo «Ambiente Svenduto» che riprenderà a Taranto in Corte d’Assise il 17 maggio, Fabio Riva è uno dei 47 imputati (44 persone fisiche e tre società: Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici).
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