Diminuisce di oltre mezzo milione di individui l’ascolto medio di televisione. Questo il valore che emerge dal confronto del giorno medio tra il primo trimestre 2016 e lo stesso periodo del 2015. In prima serata la perdita è di oltre un milione di persone. Questi valori indicano un calo del comparto televisivo del 4,6 per cento. Non è il primo anno che il valore della televisione perde quota, anche il primo trimestre del 2013 registrò una diminuzione dei pubblici televisivi, del -2,9 per cento, ma questo primo trimestre è per l’industria televisiva il peggiore degli ultimi cinque anni.
Gli uomini si allontanano dalla Tv più delle donne, ma sono soprattutto i giovani ad abbandonare il focolare televisivo: tra i 15 e i 19 e tra i 25 e i 34 anni la diminuzione è superiore al -10 per cento. Superiore al -10% è anche il calo del consumo di televisione da parte di chi ne segue la programmazione in modalità satellitare gratuita. Interessante osservare come non siano i laureati o i benestanti a registrare la maggior disaffezione, ma le persone che svolgono un occupazione esecutiva (-12,5%), il che potrebbe avvalorare la tesi che vuole sia la crisi economica a spostare buona parte del consumo di televisione. Chi non gode di buon reddito percepisce la crisi più di altri, e rimane a casa anche quei giorni in cui aveva l'abitudine di uscire, ma sono queste le persone disposte ad avvertire per prime la fine dei tempi magri, o almeno la minor forza della crisi.
A perdere valore più di altri è l’insieme delle reti incumbent. Le sette generaliste scendono del -7,4% nel confronto tra il primo trimestre 2016 con il primo trimestre 2015, in cinque anni, tra il primo trimestre 2010 e l’omologo periodo del 2016 la perdita è del -23,6 per cento. Rimane tuttavia l’evidenza della loro forza d’attrazione sui pubblici televisivi: il loro insieme raccoglie ancora il 60,2% dell’intera platea, e per quanto questo valore sia decisamente inferiore al 78,8% del primo trimestre 2010, rimane un valore che assegna loro la predominanza sulle scelte dei pubblici televisivi.
Gli editori dei canali segmentati e nativi digitali aderenti al monitoraggio Auditel raccolgono oggi il 18,4% del totale ascolto, in crescita del 3% sul primo trimestre 2015. Ma nel complesso il calo del consumo coinvolge anche loro. Fanno eccezione Sky e Discovery, che incrementano audience e share, e non a caso, sono i due editori che hanno deciso di investire sui canali 8 e 9, due posizioni privilegiate del telecomando. L’abitudine sull’uso del telecomando porta infatti chi arriva al tasto sette senza trovare quello che cerca non a tornare indietro al 6, 5, 4 e via arretrando, ma a proseguire verso l’8, il 9 e via salendo, incrementando così le potenzialità di pubblici dei canali lì collocati.
Utilizzando questa opportunità fornita dal passaggio e fornendo programmi di natura generalista ma rivolti ad un pubblico più dinamico, Tv8 è arrivato in poco tempo ad occupare la seconda posizione in prima serata tra i canali segmentati, con l’1,4% di share. La classifica dei nativi digitali è guidata da Iris, che conferma il proprio primato, con l’1,7% di share in prime time, e l’1,3% nel giorno medio, seguita nella fascia giornaliera da Real Time e Rai Yoyo.
Con l’arrivo del nuovo canale Paramount aumenta ancora l’offerta di Cinema e Serie televisive di buona qualità e la competizione sarà ancora più dura, mettendo a rischio la discesa sotto la soglia del 60% delle reti generaliste. Del resto gli stessi editori Rai e Mediaset offrono un considerevole numero di canali segmentati, i due editori raccolgono oggi il 70,3% dei pubblici nel giorno medio e il 72,4% in prima serata. Con la Rai che cresce grazie a Rai Uno e Mediaset che perde quota sulle generaliste senza riuscire a recuperare il disavanzo con le proprie segmentate.
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