MILANO
Una sorta di “Qr code” facoltativo per tracciare l’origine – dalla materia prima alle fasi di lavorazione – dei prodotti alimentari e non. Ai consumatori basterà una app su smartphone per verficare.
È passata alla Camera (371 sì e 78 astenuti, i deputati del Movimento 5 Stelle) la proposta di legge per introdurre un sistema di tracciabilità dei prodotti a tutela del consumatore. Un primo passaggio. La parola ora passa al Senato. Una misura che non può essere obbligatoria (lo si dovrebbe estendere in tutta la Ue, per motivi di concorrenza, ma proprio un provvedimento analogo, il cosiddetto “Made in”, è fermo da mesi per il veto, tra gli altri, della Germania) e che ha dei costi. «Per sostenere i maggiori oneri delle imprese – spiega Caterina Bini (Pd), relatrice a Montecitorio – abbiamo previsto un primo stanziamento-pilota di 20 milioni».
Un ottimismo della volontà che si affianca a una lotta quotidiana e sempre più sofisticata alle frontiere contro la contraffazione, tema che ieri a Milano ha aperto il “Forum sul Made in Italy”.
«L’Italia è capofila nella Ue nelle iniziative di contrasto – ha spiegato Giuseppe Peleggi, direttore dell’Agenzia delle Dogane –. Le banchine virtuali, cioè lo sdoganamento dei container attraverso sistemi di analisi dei rischi ha notevolmente velocizzato le procedure e i controlli. Ma in Europa la percezione non è univoca. Più che una battaglia sull’etichettatura, parte della Ue è più sensibile alla conseguente sottofatturazione, e quindi evasione fiscale, e anche ai pericoli per la salute ».
«La contraffazione – ha ricordato Mario Peserico, presidente di Indicam – è una delle fonti di finanziamento del terrorismo. Contrastarla non fa solo bene alle imprese sane. Ci riguarda tutti. Uno degli attentatori di Parigi aveva smerciato falsi per acquistare armi».
Ma il falso “Made in Italy” si batte anche essendo più presenti nei mercati lontani, con prodotti originali. Guido Caselli, direttore del Centro Studi di Unioncamere Emilia Romagna e partner di Bureau van Dijk – ha presentato ieri Trade Catalyst. Una sola interfaccia che incrocia miliardi di dati (dal Pil ai dazi, dal rischio Paese ai flussi di import/export, sino a classifica, indirizzo e “solidità” dei migliori importatori locali). Obiettivo, determinare una lista dei migliori mercati in cui esportare, per tipologia di prodotto e struttura di impresa. «Un progetto-pilota in Emilia Romagna – ha concluso Caselli – che nelle prossime settimane, dovrebbe essere disponibile a livello nazionale».
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