Economia

Un mese di dimissioni online, tutte le difficoltà per lavoratori e…

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la risoluzione telematica

Un mese di dimissioni online, tutte le difficoltà per lavoratori e imprese registrate dai consulenti del lavoro

Poca dimestichezza con il pc, soprattutto tra gli over 55. Tempi lunghi per ottenere il Pin dall'Inps. Dubbi sulla data da indicare nel modulo. Ma anche difficoltà a trovare assistenza, o errori nell'inserire l'e-mail o la Pec del datore di lavoro. Sono questi i principali ostacoli incontrati dai lavoratori nel primo mese di vita del nuovo sistema di dimissioni online, entrato in vigore il 12 marzo scorso, per effetto del Jobs act (Dlgs 151/2015) che punta a contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco, basandosi su una procedura rigida che non può essere derogata (salvo casi specifici) da altre modalità di comunicazione.

A registrare le difficoltà che hanno portato oltre un lavoratore su due a commettere errori nel calcolo della data di decorrenza delle dimissioni è un'indagine della Fondazione studi dei Consulenti del lavoro su un panel di 4mila associati. Risultati che danno evidenza a quanto “sperimentato”, in questo mese, da imprese e lavoratori: incertezza nei termini e negli effetti delle dimissioni, complicazione degli adempimenti burocratici. Tanto che il ministero del Lavoro è intervenuto nei giorni scorsi per dare risposta ai 20 quesiti posti dai consulenti del lavoro.

I chiarimenti ufficiali
La prima risposta fa chiarezza sul caso del lavoratore che si dimette senza seguire la procedura telematica e non si presenta più al lavoro. In una situazione del genere, confermano dal Welfare, il rapporto non può considerarsi risolto. Quindi il datore dovrà contestare l'assenza ingiustificata e licenziare il dipendente, pagare il ticket licenziamento e al lavoratore andrà l'indennità di disoccupazione Naspi. Finora, per questi casi - circa 70mila l'anno - bastava chiedere al lavoratore una conferma delle sue dimissioni e, in caso di mancata risposta, vigeva la regola del silenzio-assenso per rinunciare definitivamente al posto. «Era meglio la situazione precedente - commenta Rosario De Luca, presidente Fondazione studi dei consulenti del lavoro -. La convalida in calce alla comunicazione trasmessa per via telematica è un sistema snello, che andrebbe ripristinato, insieme alla norma per chi abbandona il posto, evitando cosi che le aziende debbano licenziare i lavoratori e pagare anche il ticket all'Inps».

Due possibilità
Secondo il nuovo corso le strade per dimettersi sono due (circolare 12/2016): compilare il modulo online inserendo il Pin personale (rilasciato dall'Inps e spedito per posta ordinaria, se non richiesto allo sportello) o rivolgersi a un patronato, a un sindacato, a un ente bilaterale o a una commissione di certificazione, che può entrare nel sito del ministero del Lavoro con le proprie credenziali. Nel primo caso la difficoltà maggiore, in questo primo mese, è stata per i senior, che nel 43% dei casi si sono trovati a fare i conti con la propria scarsa competenza informatica o addirittura con l'assenza di un pc. In tanti si sono così rivolti a patronati e sindacati in cerca di assistenza. «Nei primi giorni - evidenzia Lorenzo Fassina dell'ufficio giuridico della Cgil - ci sono stati numerosi disservizi della piattaforma informatica, spesso inaccessibile, e che ancor oggi risulta chiusa nei fine settimana. La strada delle dimissioni online è quella giusta ma serviva un periodo di sperimentazione iniziale». Sul territorio, Roberto Benaglia, segretario regionale Cisl Lombardia, conferma che «ci sono stati diversi inceppamenti, ma a oggi il sistema è migliorato e in Lombardia circa 3mila lavoratori in tre settimane hanno ricevuto assistenza dai nostri uffici». Assistenza che, in generale, è gratis per i tesserati, mentre per gli altri, normalmente, l'invito è quello di iscriversi.

Disagi iniziali
Non sono stati rari, comunque, i casi in cui i lavoratori per dimettersi hanno fatto la spola da un ufficio all'altro. Secondo i consulenti del lavoro, nel 44% dei casi il soggetto abilitato non era a conoscenza della normativa e nel 30% si è dirottato il lavoratore alla direzione territoriale (Dtl). Tra i chiarimenti del Lavoro arrivati la settimana scorsa anche l'annuncio che a breve sarà inserita l'opzione “dimissioni per giusta causa” tra le tipologie di comunicazione, con uno spazio per indicare la motivazione. «Un passo avanti importante - commenta Guglielmo Loy, segretario confederale Uil -, visto che spesso questa tipologia deriva da gravi inadempienze del datore di lavoro, quali il mancato versamento delle retribuzioni o dei contributi o da situazioni di mobbing, e queste dimissioni sono le uniche che non prevedono preavviso e danno diritto alla Naspi».

Data e preavviso
Un'altra questione, in parte chiarita dal ministero del Lavoro, riguarda la data di decorrenza delle dimissioni, come comportarsi con il preavviso o nei casi in cui la fine del rapporto ha una data diversa da quella delle dimissioni. Viene specificato che «il modello riguarda la manifestazione di volontà di dimettersi; la data di effettiva conclusione del rapporto di lavoro sarà rilevata dalla comunicazione di cessazione che il datore deve inviare entro 5 giorni». Non serve dunque, per far cessare il rapporto in una data diversa, revocare le dimissioni e ripetere l'iter. Resta, però, dubbio il caso in cui il lavoratore nel modulo telematico indichi (per errore) un preavviso più breve, e chieda poi di rimediare lavorando oltre la data indicata: secondo gli addetti ai lavori, il datore potrebbe rifiutare la prestazione per evitare il rischio di una tacita ricostituzione del rapporto

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