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Raffineria Taranto: restano solo 20 giorni di autonomia

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Raffineria Taranto: restano solo 20 giorni di autonomia

Ora che sono arrivate due petroliere, una da 170mila tonnellate dall’estero e l’altra da 50mila dall’Italia, la raffineria Eni di Taranto, considerando anche le riserve stoccate pari a circa 70mila tonnellate, ha un margine di autonomia di circa 20 giorni.

Anche se la soglia quotidiana di produzione è stata ridotta da 12-13 mila a 10mila tonnellate e l’afflusso di materia prima dal Centro Olio di Viggiano, in Basilicata, è bloccato a causa del sequestro giudiziario che lo ha interessato con l’inchiesta petroli, in quest’arco di tempo gli impianti di Taranto potranno comunque andare avanti. Benzina e gasolio non mancheranno ad una vasta area di mercato: Puglia, Basilicata, Calabria e Campania. Intanto almeno sino a fine settimana-inizio della prossima non si saprà nulla sull’esito del ricorso presentato dall’Eni al Tribunale del Riesame di Potenza per ottenere il dissequestro del Centro Olio. Oggi il Riesame si è riunito – udienza a porte chiuse – ed ha esaminato i primi due ricorsi: quelli dell’ex dirigente della Regione Basilicata, Salvatore Lambiase, e dell’ex vice sindaco di Corleto Perticara (Potenza), Giambattista Genovese, colpiti entrambi dal divieto di dimora. Venerdì invece i giudici tratteranno il ricorso dell’Eni.

È Viggiano che da anni alimenta la produzione della raffineria di Taranto che ha 450 occupati diretti più un indotto dia imprese e trasportatori. Dalla Val D’Agri giungono via oleodotto 80mila barili al giorno, pari al 60% dell’intera attività. Un flusso che adesso si è interrotto, spingendo l’Eni a cercare una soluzione alternativa, altrimenti avrebbe dovuto fermare gli impianti di Taranto. L’ipotesi di far venire il greggio dall’esterno è stata presa in considerazione dall’Eni già nelle ore immediatamente successive al sequestro. Anche se questo si impatta sui costi d’esercizio della raffineria come ha dichiarato la scorsa settimana, nell’audizione alla Camera, l’ad dell’Eni, Claudio De Scalzi: «Secondo una mia stima, almeno 4-5 dollari in più a barile». «Sui margini Taranto era al limite del break even e questo la uccide», ha detto ancora l’ad di Eni riferendosi appunto alla nuova situazione creatasi. «Non c’è emergenza per ora ma la situazione comunque resta difficile – commentano i sindacati dei chimici –. E non vorremmo che per il Centro Olio di Viggiano si innescasse lo stesso fenomeno vissuto anni addietro per l’Ilva di Taranto, ovvero ricorsi e controricorsi che hanno prolungato lo stato di incertezza e messo in ginocchio il siderurgico». Per i sindacati, «Taranto deve capire che i suoi riferimenti sono l’industria e il porto, che ovviamente devono svilupparsi in un quadro di compatibilità ambientale, ma se blocchiamo le industrie che abbiamo, tutto andrà a rotoli. Senza l’apporto di Viggiano, l’Eni a Taranto non si regge e se dovesse sfumare il progetto Tempa Rossa, che in parte utilizzerà infrastrutture già esistenti, perderemmo anche un’altra opportunità: quella di rafforzare la raffineria affiancando alla produzione anche la logistica del petrolio lucano».

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