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Dossier Urquiola: il mio showroom come una galleria d'arte. Con ironia

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Dossier | N. 35 articoliSalone del Mobile 2016

Urquiola: il mio showroom come una galleria d'arte. Con ironia


Spagnola di nascita, milanese d'adozione, Patricia Urquiola è stata chiamata come art director di Cassina lo scorso settembre. Per il Fuorisalone ha «letteralmente svuotato e riempito» lo showroom di via Durini, a un passo da San Babila, con il progetto di farne una galleria d'arte. «Sempre con un tocco di ironia, però».

Uno showroom come una galleria d'arte. In che senso?
Tutto è nato da una mia constatazione: via Durini ha perso energia. Mi ricordavo un altro livello, un'altra intensità, così ho deciso di fare un cambio abbastanza netto. Abbiamo svuotato il negozio, atto significativo per l'azienda perché rappresenta un po' il “nostro capodanno”: si riparte da zero, si rivedono gli spazi. Abbiamo sistemato delle basi di alluminio ed esposto i nostri prodotti. Il concetto di galleria d'arte deriva dal fatto che i prodotti sono comunque esposti in primo piano, uno ad uno, come delle opere. Poi è chiaro che è diverso da un museo perché puoi toccarli, provarli, essere partecipe.

Ad esempio c'è Beam, un divano modulare retto appunto su una trave (beam in inglese).
Qui lo rappresentiamo solo con l'essenziale: il divano, un tavolino e la base dove è poggiato. Non serve altro, anche se l'imbottito di Beam nasconde alcune sorprese come il meccanismo che permette di regolare lo schienale e il bracciolo. La comodità è al centro, certo, ma sempre con eleganza e senza rinunciare alla sobrietà. L'ispirazione? La mia memoria è sempre legata a Vico Magistretti: immagino di riproporre le sue intuizioni in forma amplificata.

Si fa notare anche Gender: una sedia che abbina una struttura rigida e un cuscino di forma differente.
Io la chiamo «gender» ma la sua caratteristica è proprio quella di non avere un genere definito. Un'allusione, anche, al fatto che bisogna iniziare a vincere certi pregiudizi tra sessi. La poltrona ha una fattura molto curata, ma bisogna capire se percepiamo i suoi colori come maschili o femminili. È una poltrona ironica, ma veicola un certo messaggio.

Tra le firme che spiccano nello showroom ci sono anche quelle di Piero Lissoni e Konstantin Grcic.
Siamo riusciti a creare un dialogo con Konstantin in pochi mesi. Ci sono già dei prototipi ma consolideremo il rapporto in futuro.

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