Pur essendo cresciuta fino a diventare una cittadella dalle innumerevoli sfaccettature, quasi impossibile da visitare in un giorno solo – o forse proprio per questo – Baselworld resta la fiera per sapere quali sono le migliaia di novità dell'orologeria, di ogni fascia di prezzo e tipo. Ma non solo: è a Basilea che, tentando una sintesi delle voci, delle tendenze di mercato, delle sensazioni percepite tra gli stand si può prendere la temperatura del settore. E si possono ipotizzare, pur nell'incertezza economica e geopolitica globale, gli andamenti delle vendite per il resto dell'anno.
È quello che cercano di fare amministratori delegati, proprietari di monomarca o multimarca e buyer dei department store di tutto il mondo. È quello che cercano di fare soprattutto gli analisti del lusso, perché negli ultimi anni l'orologeria di fascia media, medio-alta e altissima ha trainato i consumi del settore, salvo frenare, a partire dal 2015, soprattutto a Hong Kong e in Cina. Un rallentamento che si è riflesso sull'ultima edizione di Baselworld (17-24 marzo), che si è chiusa con un bilancio di 145mila visitatori da 100 Paesi, il 3% in meno rispetto al 2015, determinato soprattutto dai minori arrivi dall'Asia. Gli organizzatori non hanno segmentato i dati sulle nazionalità di buyer e visitatori, ma le prenotazioni di voli su Zurigo, l'aeroporto svizzero più vicino a Basilea, hanno fatto segnare forti cali praticamente da ogni Paese, eccezion fatta per l'India, che ha visto gli arrivi crescere del 25%, come hanno sottolineato gli analisti di Exane Bnp Paribas nel loro report “Baselworld 2016 Insights - Ten Themes”, appena pubblicato.
Due giorni prima della chiusura della fiera di Basilea, dove erano presenti più di 1.500 espositori, la FH (Fédération del l'industrie horlogère suisse) ha pubblicato i consueti dati sull'export di orologi svizzeri, relativi a febbraio (quelli del primo trimestre saranno noti tra due giorni). Significativi, come sempre, perché la Svizzera resta il primo produttore ed esportatore, in valore, di orologi al mondo. Non sono buone notizie, perché confermano il calo generale del 2015: le esportazioni di febbraio 2016 sono calate del 3,3% rispetto allo stesso mese del 2015 a 1,65 miliardi di franchi e prendendo i dati dei primi dei mesi, il calo è stato ancora maggiore (-5,3% a 3,17 miliardi di franchi). Vedremo cosa indicheranno i dati di marzo, ma in febbraio c'è stata una nuova forte contrazione di Hong Kong (-25,3%) e della Cina (-6,8%), mentre gli Stati Uniti hanno lasciato dopo cinque mesi il segno negativo e hanno registrato un +2,4%. Vero e proprio balzo per il Giappone (+22,4%), anche se, esaminando le quantità, è stato il +4% dell'Europa a sostenere l'export svizzero, come era già accaduto nei mesi precedenti.
Tornando al dato complessivo dello scorso anno, va sottolineato che si è trattato del primo anno in calo dal 2009 (-3,3% a 21,5 miliardi di franchi), ma che la Svizzera resta leader mondiale per esportazioni in valore (la Cina è prima invece per numero di orologi), seguita da Hong Kong (-4,6% a 9,9 miliardi di dollari), Cina (+10% a 5,8 miliardi), Francia (+16,5% a 2,9 miliardi di dollari) e Germania (+13,9% a 2,4 miliardi di dollari).
L'Italia non ha una posizione apprezzabile come produttore, ma è strategica come mercato di destinazione: nel 2015 si è piazzata al quarto posto dietro a Hong Kong, Stati Uniti e Cina con 1,315 miliardi di franchi (+6,4%) e una quota dell'export complessivo del 6,1%, appena inferiore a quello della Cina (6,2%).
Nel 2016il nostro Paese resterà un mercato interessante sia grazie alla clientela locale (si veda anche l'intervista al presidente di Assorologi Mario Peserico a pagina 2) sia come shopping destination per gli appassionati, come mostrano i dati di Global Blue, società leader nell'analisi degli acquisti tax free, cioè quelli fatti da persone provenienti da Paesi extra Ue. Dominante il ruolo di Milano: nel corso del 2015 le vendite nel settore orologeria e gioielleria hanno rappresentato il 19% del totale, con un aumento del 50% rispetto al 2014. Lo scontrino medio di Milano è il più alto in Italia (4.668 euro), in aumento dell'11% rispetto al 2014. A Roma, invece, la spesa tax free nel comparto arriva al 18% del totale, in aumento del 33% rispetto al 2014, con un valore medio degli acquisti di 3.135 euro (+8%). Importanti anche le altre due città d'arte italiane, Firenze e Venezia, sottolinea Global Blue. A Firenze gli acquisti nel settore orologi e gioielli rappresentano il 33% del totale – il dato più alto in Italia – e risultano in aumento del 39% rispetto al 2014. Lo scontrino medio è però il più basso tra le città prese in considerazione arrivando poco oltre i 1.800 euro, seppur in crescita del 22% rispetto al 2014. A Venezia orologi e gioielli contano per il 28% del totale degli acquisti tax free, con una variazione del 50% e la spesa media nel capoluogo lagunare – dove appena qualche settimana fa Tiffany ha aperto il suo nono negozio in Italia, con un corner dedicato proprio agli orologi – risulta in aumento del 21%, a 3.239 euro.
Global Blue ha analizzato inoltre i Paesi di provenienza dei clienti: quasi un acquisto su due – il 46% - di orologi e gioielli viene effettuato dai turisti cinesi, con una spesa media di 3.423 euro. In seconda posizione gli americani, con una quota del 14% del totale degli acquisti e uno scontrino medio di 2.065 euro. Seguono i russi, che, pur accusando la debolezza del rublo, rappresentano il 6% della spesa totale in orologi e gioielli e spendono in media nelle boutique italiane 2.651 euro.
Ma a livello globale nel 2016 cosa succederà? Un trend già visto in gennaio al Salone dell'alta orologeria di Ginevra (Sihh) e confermato da Basilea è un rinnovato focus sugli orologi da donna: eclatante l'esempio di Roger Dubuis, che a Ginevra, per la prima volta, ha dedicato l'intero stand ai segnatempo femminili, che assorbono il 35-40% del fatturato. Ci sono però altre tendenze da valutare, sottolineano gli analisti di Bnp Paribas, in primis l'attenzione al prezzo. «La domanda per l'altissimo di gamma resiste, ma il consumatore è sempre più informato e i distributori sono più attenti ai margini – spiega Luca Solca –. Basti pensare al caso Greubel Forsey: fino allo scorso anno l'entry price era di 290mila franchi svizzeri, al Sihh la maison ha presentato un orologio da 175mila franchi, prodotto però in soli 66 esemplari».
L'arrivo di una nuova ondata di smartphone spingerà le aziende a investire molto in tecnologia, in un'insolita osmosi con l'alta orologeria (si pensi al Diagono Magn@sium di Bulgari). Quanto ai mercati, aggiungono gli analisti di settore, occorre un ribilanciamento di investimenti, soprattutto nel retail, verso Europa e Stati Uniti, con una conseguente e necessaria riduzione in Cina. Last but not least, il mercato in contrazione (secondo Bnp Paribas nel medio periodo non si tornerà a crescite a due cifre) potrebbe essere un'occasione per tutti, in Svizzera e non solo, per rivedere ogni processo e – nota dolente – per mettere mano a organici che negli ultimi anni erano forse cresciuti troppo.
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