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Dossier I tempi «slow» salvano i creativi

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    Dossier | N. 8 articoliRapporto Orologi

    I tempi «slow» salvano i creativi

    «Se ti presenti a Baselworld con venti novità, sei considerato bravino. Se ne hai cinquanta, si inizia a ragionare. Con ottanta i compratori sono entusiasti, ma poi magari ordinano per i loro negozi solo dieci dei pezzi inediti». L'executive di un marchio prestigioso ama i paradossi e forza i numeri mentre ragiona con il management dell'attuale crescente pressione sul mercato del lusso. Una pressione che, a dire il vero, sembra interessare più le categorie fashion che non il mondo degli orologi Swiss made, specie nell'alto di gamma.

    I clienti finali, infatti, entrano nei negozi come cani da tartufo a caccia di prodotti appena lanciati e restano delusi se, al contrario, trovano ciò che hanno già metabolizzato soprattutto tramite il web. Ma è ovvio che le strategie dei big brand dell'orologeria e dei grandi gruppi non possono seguire il passo di chi sfila in passerella: innanzitutto, perché si tratta di oggetti ad alto contenuto tecnologico, spesso abbinato a un'elevata specializzazione manifatturiera, e, in secondo luogo, perché ogni azienda si è messa al riparo dal conflitto tra creatività e business che sta impattando sul segmento della moda.

    L'innovazione è una leva competitiva a cui nessun produttore di orologi può rinunciare, anche se il mercato – in questo momento e forse per l'intero 2016, stando alle previsioni della maggior parte degli analisti – sembra scivolare verso prodotti con un posizionamento di prezzo più basso, anche per i marchi che presidiano le fasce più prestigiose. I tempi dei lanci, però, viaggiano ben più lentamente dei ritmi forsennati e insensati della moda, “clonati” dal fast fashion che ha stravolto produzione, logistica e distribuzione fermi da decenni.

    Dei creativi che progettano gli orologi, declinando in mille direzioni il Dna di manifatture storiche o più recenti, nulla o quasi si conosce: una scelta che appare saggia, di impronta riservatamente elvetica, capace di custodire il know-how che accoppia il lavoro di chi inventa l'estetica con quello di chi governa la manualità. Due tesori da difendere a spada tratta, in particolar modo nei contesti congiunturali complessi come l'attuale.

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