Economia

Le Marche scommettono sulle filiere bio

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AGROINDUSTRIA

Le Marche scommettono sulle filiere bio

«Sono in arrivo 80 milioni di euro di finanziamenti, da qui al 2020, per sostenere il biologico nelle Marche». L’annuncio del presidente regionale Luca Ceriscioli ha aperto l’incontro di ieri in Ancona su “Il biologico, futuro delle Marche”. Ma il biologico non è una new entry nella terra di mezzo del Paese, anzi.
Le Marche sono state il pioniere del biologico italiano, fin dal 1978 quando cominciò a diffondersi questo metodo di produzione sul territorio regionale, che oggi copre 12,7% (oltre 57mila ettari) della superficie agricola utilizzata, con 2.449 aziende agricole bio, vocate in particolare ai cereali (la pasta bio è la prima filiera regionale) e ai vitigni (le Marche sono quarto posto in Italia con un 20% della viticoltura dedicata al biologico).
Ed è marchigiano il più importante gruppo nazionale nelle carni bianche bio: Fileni, l’azienda di Cingoli (Macerata) terzo produttore avicunicolo nazionale (dietro ad Aia e Amadori) ma primo nel bio, segmento avviato nel 2001. «Gran parte della nostra filiera bio è concentrata in regione – spiega il direttore marketing Roberta Fileni – dove abbiamo 21 centri di allevamento bio e circa 34mila polli e tacchini allevati ogni mese su terreni coltivati in modo biologico e nutriti esclusivamente con mangime biologico proveniente dal nostro mangimificio inaugurato nel 2014 a Jesi».
Un approccio agroecologico all’insegna del “made in Marche” che si riflette nella nuova immagine con cui Fileni (330 milioni di fatturato 2015, 1.800 dipendenti e 280 allevamenti) ha scelto di presentarsi sul mercato. L’etichetta “Il sapore delle Marche” e la grafica che ricorda il profilo delle dolci colline della regione punta a trasmettere il messaggio di un’azienda che ha raggiunto l’eccellenza nel settore «perché vive in un territorio che permette e favorisce questo processo. Il legame con questa terra è il nostro primo asset – sottolinea Roberta Fileni – perché è garanza di qualità, ormai da 50 anni. Per questo abbiamo avvicinato e localizzato il più possibile la nostra filiera, proprio mentre molte grandi aziende delocalizzavano».
La risposta del mercato non manca. «I consumi di biologico continuano a crescere – afferma Silvia Zucconi, coordinatore agroalimentare di Nomisma – con un trend nel 2015 del 20% nella Gdo e del 13% nei negozi specializzati, a fronte di una dinamica media dei consumi alimentari che lo scorso anno ha superato di poco l’1%». Un trend confermato in questi primi mesi dell’anno. La crescita del bio è dovuta sia all’aumento delle famiglie acquirenti, 2,5 milioni in più solo lo scorso anno secondo la survey Nomisma, sia alla maggior intensità dell’acquisto, con una quota di consumi bio che è arrivata oggi al 2,9% del totale contro l’1,9% di cinque anni fa.

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