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«No a Pechino economia di mercato»

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Industria

«No a Pechino economia di mercato»

ROMA

Lo schieramento trasversale di europarlamentari contrari alla concessione alla Cina dello status di economia di mercato (che va sotto l’acronimo Mes) è tornato a spiegare le ragioni del «no» in un incontro organizzato ieri a Roma presso la sede del Parlamento Ue. I deputati europei hanno avviato sul tema una controconsultazione dopo quella lanciata dalla Commissione e confidano che ne deriveranno dati più accurati e chiari sull’impatto di un eventuale riconoscimento dello status .

Antonio Tajani, primo vicepresidente dell’Europarlamento (gruppo Ppe) e David Sassoli, vicepresidente in quota al gruppo S&D, si ritrovano a parlare del caso con accenti molto simili. «Il nostro no è chiaro - dice Tajani - e legato al fatto che la Cina non ha ancora i requisiti per essere considerata un’economia di mercato. Si rischia di andare incontro alla distruzione dell’industria europea». Per questo Tajani continua a sostenere l’irrinunciabilità dei dazi: «Anche qualora ci fosse una maggioranza che apre al Mes e la Commissione andasse in questa direzione, la nostra linea del Piave deve essere la difesa di misure antidumping».

Sassoli evidenzia anche l’esistenza di «valutazioni politiche inerenti un quadro di diritti civili su cui da parte cinese vanno fatti ancora tanti passi avanti». L’eurodeputato del Pd mette poi sul tavolo alcuni numeri. «L’Italia sarebbe colpita per il 40% degli interessi europei» dice, in riferimento alle stime secondo le quali su 10 imprese europee difese dai dazi antidumping quattro sono italiane. «Oltre all’acciaio - ricorda Sassoli - sono a forte rischio la meccanica, la chimica, la bulloneria, l’industria della carta, la ceramica. Potrebbero essere minacciati tra 200 e 500mila posti di lavoro». Per David Borrelli, eurodeputato del M5S e organizzatore dell’evento che si è svolto ieri a Roma, il confronto sul Mes a avuto il merito di coagulare forze diverse con un unico obiettivo: «All’interno dell’Europarlamento si è creato un gruppo di lavoro che raccoglie oltre 70 deputati di 16 Paesi in rappresentanza dell’intero panorama politico, coesi nel lanciare la contro-consultazione».

La voce delle imprese ha fornito ulteriori elementi. Paolo Mattei, vicepresidente di Assocarta, ha portato la testimonianza diretta di un settore molto esposto, con la vitale necessità di vedere rinnovate i dazi in scadenza a maggio. Daniel Kraus, vicedirettore generale di Confindustria, ricorda che al 2011, data dell’ultimo studio di verifica, la Cina rispettava solo uno dei cinque criteri necessari per il riconoscimento del Mes. E c’è un evidente problema di relazioni con le altri grandi controparti mondiali. «Giappone e Stati Uniti - sottolinea Kraus - non hanno intenzione di concedere lo status» e il rischio sarebbe una massiccia deviazione dei flussi commerciali verso il mercato continentale. Senza considerare altre implicazioni, come danni a catena che il Mes concesso dall’Europa potrebbe arrecare anche agli stessi Stati Uniti nel caso in cui contemporaneamente si firmasse il famigerato accordo transatlantico Ttip.

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