Economia

Emirati Arabi, la nuova frontiera del made in Italy

  • Abbonati
  • Accedi
esportazioni

Emirati Arabi, la nuova frontiera del made in Italy

Si fa lo slalom tra le difficoltà. Il rischio geopolitico, i bassi prezzi delle commodity (che deprimono il Pil di alcuni emergenti, soprattutto la Russia) e le barriere – tariffarie e non – che in questo clima rischiano di rilanciare una fase di protezionismo. Tuttavia, il Made in Italy del “bello e ben fatto” (bbf, alimentare, arredo, moda e accessori di fascia alta ma non di lusso, destinati alla borghesia globale top-spender) nei 30 principali nuovi mercati aumenteranno del 43% nei prossimi 6 anni.

Nel 2021 questo gruppo di Paesi assorbirà il 23% dell’export italiano (20% nel 2015), raggiungendo i 15 miliardi (4,5 miliardi in più rispetto ai livelli del 2015). Sono queste le stime individuate da “Esportare la dolce vita”, la ricerca – presentata ieri mattina a Milano – dal Centro Studi Confindustria e da Prometeia e condotta con il contributo di 9 associazioni di Confindustria (Anfao, Assica, Assocalzaturifici, Confindustria Alberghi, FederlegnoArredo, Federorafi, Federvini, Sistema Moda Italia e Ucina). Obiettivo – giunto alla 7° edizione – analizzare le potenzialità di crescita delle vendite di beni Bbf nei 30 nuovi mercati più promettenti, dal 2016 al 2021.

Made in Italy: cresce l’export nei mercati emergenti
Primi 10 nuovi mercati per i prodotti “Belli e ben fatti” (Bbf). Dati in milioni di euro a prezzi 2015 (Fonte: elaborazioni e stime CSC e Prometeia su dati Eurostat, IHS e istituti nazionali di statistica)

I mercati più promettenti
Gli Emirati offriranno il maggior contributo alla crescita (passando da 2 a 3 miliardi), seguiti dalla Cina (che aumenterà gli acquisti di 800 milioni toccando quota 2,5 milirdi) e dalla Russia, che per ora resta al secondo posto, (2,6 miliardi), ma continuerà a perdere progresivamente rilevanza. Seguono Polonia, Turchia , Arabia Saudita e Messico e Sud Africa.

«Nel 2021 – ha sottolineato Luca Paolazzi, direttore del Centro Studi di Confindustria, – i trenta nuovi mercati importeranno dall’Italia quasi quanto fanno oggi Francia e Germania insieme. In tutto il mondo ci saranno 212 milioni di “nuovi ricchi” in più nel 2021 rispetto al 2015, persone con un reddito lordo pro-capite di 35mila dollari. La metà risiederà nelle città di Cina e India. Ma la classe benestante cresce anche in Polonia».

I settori
Nel 2021 le importazioni dal settore alimentare italiano arriveranno a 2,8 miliardi di euro, (+598 milioni rispetto al 2015). In crescita soprattutto vini e alcolici , a 488 milioni di euro (+ 107 milioni). L’arredamento salirà fino a 3,3 miliardi di euro, (da 2,1 miliardi) e l’abbigliamento aumenterà fino a 3,5 miliardi, (dai 2,6 miliardi del 2015), con metà della domanda incrementale proveniente da Russia e Cina. Le calzature arriveranno a quota 1,7 miliardi, metà del quale proverrà dalla Russia, che nonostante le difficoltà rimane il principale sbocco, e dalla Cina. L’occhialeria sfiorerà il miliardo grazie agli acquisti da parte di Cina, Emirati, Turchia e Brasile. Infine, l’oreficeria-gioielleria raggiungerà i 2,7 miliardi. Per lo più grazie a Emirati, Truchia e Cina.

Ma con il rallentamentò nei Paesi emergenti cambieranno le loro abitudini di acquisto?

«Una serie di fattori demografici, di urbanizzazione e di emancipazione – spiega Alessandra Lanza, partner Prometeia – non condizioneranno in maniera significatica la propensione al consumo. Possono cambiare però le politiche dei paesi, ad esempio diminuendo gli investimenti pubblici. Però,la velocità di consegna spinge i flussi interregionali nell’e-commerce. Questo muterà il modo di operare delle imprese che devono stoccare di più in quei mercati e fare investimenti diretti nei mercati che si vogliono servire».

«Insieme al Mise e all’Ice – ha concluso Licia Mattioli, presidente del Comitato investitori esteri di Confindustria – abbiamo individuato alcune azioni per preparare le Pmi a esportare meglio: i roadshow per l’internazionalizzazione e i voucher per l’inserimento di temporary export managers nelle Pmi. Nel primo caso, coinvolte 6.800 imprese in 10mila incontri. Mentre alla prima tranche di fondi per un temporary export manager di 6 mesi in una Pmi sono entrate in graduatoria quasi 2mila imprese».

© Riproduzione riservata