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Capitali esteri, l’Europa ritrova appeal

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Capitali esteri, l’Europa ritrova appeal

Gli Stati Uniti restano la meta preferita degli investimenti all’estero e la Cina continua a mantenere la medaglia d’argento, tallonando i rivali a stelle e strisce. Ma il 2016 è indiscutibilmente l’anno della rivincita della Vecchia Europa. La ripresa fiacca, lo spettro della Brexit, la mancanza di una governance europea, il dramma dei profughi: non bastano queste ombre ad appannare il suo allure. Agli occhi degli investitori, la Ue oggi è una delle aree migliori dove fare un’acquisizione o costruire ex novo.

La buona notizia, per il Vecchio Continente, poi è doppia: la sua attrattività è aumentata proprio nel momento in cui il flusso mondiale di capitali ha raggiunto la cifra record dei 1.700 miliardi di dollari ed è tornato ai livelli del 2007, prima della crisi.

IL BOOM DI STATI UNITI ED EUROPA
Investimenti esteri per area di destinazione , in miliardi di dollari e var. % 2015/2014. (Fonte: At Kearney)

Già le stime 2015 lo dimostrano: rispetto al 2014, i capitali stranieri affluiti nella Ue sono passati da 254 a 426 miliardi di dollari, il 60% in più. E ora arriva anche la conferma dell’FDI Confidence Index, l’indice annuale elaborato da AT Kearney per misurare il grado di attrattività per gli investitori esteri dei principali paesi del mondo. La classifica 2016 - che pubblichiamo in anteprima - è dominata dall’Europa, che piazza ben 13 Paesi tra i primi 25 al mondo. Quarta la Germania, che scala una posizione rispetto al 2015 e due rispetto al 2013, quinto il Regno Unito; tiene la Francia all’ottavo posto; sale di molto la Spagna (da 17esima a 13esima), mentre spicca la new entry dell’Irlanda, alla sua prima volta nella Top 25.

“Stati Uniti e Cina si confermano in testa nell’indice di attrattività 2016”

 

L’Italia? Arretra, e non poco: dopo l’exploit dell’anno scorso, in cui sorprese gli analisti scalando ben otto posizioni - da 20esima a 12esima - quest’anno scende di quattro gradini e si posiziona solo al 16esimo posto (si veda l’articolo sotto).

LA TOP 20 DELL’ATTRATTIVITÀ MONDIALE
I paesi più interessanti per i capitali esteri secondo l’Indice AT Kearney 201

Qual è la ricetta per il successo del Vecchio Continente? Più che un merito dell’Europa in sé, è il demerito dei Paesi emergenti a incidere: «I Paesi della Ue stanno approfittando della crisi degli emergenti - sintetizza Marco Andreassi, Unit head di AT Kearney per l’Italia - il Brasile è in recessione economica ed è sommerso dagli scandali, il Messico subisce il contraccolpo del calo del prezzo del petrolio, la Turchia è addirittura uscita dalla Top 25 dell’Indice. Così, i capitali vanno sui mercati che ritengono più sicuri». E sceglieranno questa strada ancora a lungo, sostiene Andreassi: «Fra le tensioni geopolitiche e la volatilità dei mercati emergenti, mi aspetto che gli investitori continuino a guardare con attenzione all’Europa anche il prossimo anno».

In effetti, stando ai dati dello studio AT Kearney, i Paesi sviluppati occupano l’80% della lista dei primi 25 mercati più attrattivi al mondo. Cosa rimane in quel 20%? Se togliamo la Cina «che è un mercato - come dice Andreassi - dal quale non si può più prescindere, al pari degli Stati Uniti», i migliori emergenti oggi sono tutti in Asia. L’India in prima fila, grazie alle riforme modernizzatrici del premier Narendra Modi che stanno portando il Paese a una crescita del 7,5%; ma anche la Thailandia, Taiwan e Singapore.

Tra gli investitori internazionali, nonostante le tensioni geopolitiche ed economiche, l’ottimismo è forte: il 70% degli intervistati dagli esperti di AT Kearney si dice intenzionato ad aumentare i propri investimenti all’estero nei prossimi tre anni. Cosa potrebbe frenare questa spinta? «Per quanto riguarda l’Europa - sostiene Andreassi - la preoccupazione maggiore è l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, che comporterebbe una frenata non solo dei capitali diretti a Londra, ma di tutti quelli diretti verso i Paesi dell’Unione più in generale».

Dall’altro lato dell’Atlantico, invece, il grattacapo numero uno sono le presidenziali americane: AT Kearney stima che in caso di vittoria di Donald Trump il numero di imprese disposte ad aumentare i propri investimenti negli Usa diminuirebbe del 13%. Considerando che negli Stati Uniti i capitali esteri affluiti nel 2015 valgono circa 380 miliardi di dollari, l’elezione di Trump potrebbe anche avere un impatto economico degno di nota.

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