Economia

Il made in Italy in Argentina scommette sulla ripresa

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Il made in Italy in Argentina scommette sulla ripresa

(Afp)
(Afp)

Agroindustria, infrastrutture, energia e automotive. Sono questi i settori su cui scommette la missione italiana in Argentina, al via domani. Oltre 75 le imprese presenti, con cinque banche e dodici università, al seguito del viceministro allo Sviluppo economico, Ivan Scalfarotto, e al fianco di Confindustria, Ice, Abi e ministero degli Esteri.

La tre giorni di workshop e business forum a Buenos Aires arriva a due mesi esatti dal viaggio del premier Matteo Renzi in Argentina, che ha battuto sul tempo sia il presidente francese François Hollande che il presidente americano Barack Obama. A febbraio, con Renzi, sbarcarono alla Casa Rosada, tra gli altri, i vertici di Enel e di Finmeccanica. Il mese scorso, invece, è volato a Roma il ministro argentino della Scienza e della tecnologia, Lino Baranao, con l’obiettivo di costituire un fondo di 30 milioni di euro (stanziati dall’Italia) per lo sviluppo del business nel settore dell’agroalimentare.

L’ANDAMENTO DELL’ECONOMIA
Crescita del Pil in % (* Previsioni. Fonte: Ministero dello Sviluppo economico)

«La missione in Argentina - ha dichiarato il viceministro Scalfarotto - ha un chiaro obiettivo: dare un seguito rapido e determinato all’impegno preso dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, in occasione della sua recente visita a Buenos Aires e cogliere il momento propizio dovuto al nuovo corso politico dell’Argentina. L’iniziativa si colloca in un momento importante: proprio in questi giorni, infatti, si è registrata la concreta ripresa dei negoziati per un accordo di libero scambio tra l’Unione europea e il Mercosur».

L’elezione nell’autunno scorso del presidente conservatore di origini italiane, Mauricio Macri, ha riacceso la fiducia degli operatori internazionali nell’Argentina, grazie alle sue aperture liberiste e ai rapporti più distesi con gli Usa. E una spinta particolare, a questo clima più ottimista, l’ha data ad aprile il ritorno del Paese sui mercati internazionali dei capitali, con la prima emissione di titoli sovrani dopo 15 anni di assenza post-default. Eppure, l’economia di Buenos Aires continua a stagnare, con il Pil in decrescita dell’1%, le esportazioni 2015 in calo del 17% e l’inflazione 2016 prevista al 35 per cento.

L’INTERSCAMBIO CON L’ITALIA
Dati in milioni di euro

Per contrastare la recessione, il deterioramento dei conti pubblici e la fuoriuscita di capitali durante le due presidenze Kirchner (prima Nestor, poi la moglie Cristina), il nuovo esecutivo Macri ha scelto una ricetta ambiziosa: svalutazione del peso, parziale eliminazione delle barriere non tariffarie, eliminazione della tassazione sulle esportazioni e riduzione dei sussidi all’energia elettrica. Secondo Sace, da qui al 2019 la svolta di Macri potrebbe aggiungere 300 milioni di euro alle casse del nostro export verso il Paese, oggi fermo a poco più di un miliardo di euro.

Tra i settori più promettenti per il futuro c’è, senz’altro, l’agroalimentare, che rappresenta il 65% dell’export argentino e può contare su oltre 148 milioni di ettari. Già oggi Buenos Aires è l’ottavo Paese al mondo per produzione agricola e il settimo per esportazione di beni alimentari. E la domanda dall’Asia - in particolare dalla Cina - di questi beni è in decisa crescita. L’elezione di Macri, inoltre, ha dato nuovo impulso alla filiera, per esempio riducendo del 5% le tasse sull’export di grano e mais

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