Auto, ma anche Oil&Gas. Macchinari, ma anche metallurgia. Difficile in generale tastare il polso ad un settore tanto variegato e articolato, ma mai come oggi le medie complessive per il macro-comparto della meccanica sono in buona misura fuorvianti, risultato di andamenti settoriali ampiamente divergenti. Le cifre globali restano imponenti, con un export arrivato nel 2015 per la prima volta a quota 200 miliardi di euro (la metà del totale nazionale) e un avanzo di 56 miliardi, superiore a quello di ogni altro comparto.Risultati oltreconfine difficilmente replicabili quest'anno.
I dati di Federmeccanica confermano la frenata dell'export, giù di oltre un punto nel primo bimestre mentre a crescere è il mercato interno, grazie al quale la produzione del comparto piazza uno scatto del 3,9% su base annua. «Forse più un rimbalzo che una vera inversione di trend - spiega il presidente di Federmeccanica Fabio Storchi - anche se per il 2016 resto moderatamente ottimista. Ma le variabili sono tante e nel mondo in generale si moltiplicano i segnali negativi, dal rallentamento possibile degli Usa alla frenata in Brasile e Russia, al prezzo del greggio: se il petrolio non risale la meccanica continuerà a soffrire».
La crescita 2016 non è in effetti corale. Perché ai “vincitori” di periodo, la componentistica legata alle quattro ruote e i beni strumentali, si contrappongono aree dove i mercati di sbocco sono invece in grave difficoltà, come accade ad esempio a chi si rivolge all'edilizia o a quanti producono per la clientela dell'Oil&Gas, bloccata da oltre un anno dalla caduta verticale dei listini dell'energia. Ma anche tenendo conto della ripresa parziale in atto (+2,8% la stima di Federmeccanica per la produzione 2015), occorre osservare come la strada da percorrere per ritornare ai valori pre-crisi sia ancora lunga, il 27% in termini di output, quasi 270mila unità dal lato degli occupati. Nelle stime di Prometeia e Intesa Sanpaolo in valori correnti i ricavi dell'industria manifatturiera nazionale sono ancora distanti 107 miliardi dai livelli 2007. Un gap generato per oltre la metà da metallurgia, prodotti in metallo e meccanica in senso stretto. Se il bilancio è comunque meno amaro rispetto all'anno precedente, buona parte del “merito” va alle quattro ruote: la decisa risalita delle immatricolazioni in Italia e in Europa crea infatti domanda aggiuntiva per l'intera filiera della componentistica, avvantaggiata per una volta anche dall'impennata della produzione nazionale. Nelle stime di Anfia per il 2015 risalita per le autovetture a quota 663mila unità, in crescita del 65%, e i progressi a doppia cifra proseguono anche nel 2016.
Momento positivo anche per la filiera della meccanica strumentale, rilanciata per una volta non tanto dall'export, in difficoltà in molte aree del globo, ma soprattutto dal mercato interno, in crescita nel 2015 di oltre mezzo miliardo (+4,8%) per l'area Federmacchine. Nelle macchine utensili, in particolare, la domanda nazionale cresce a doppia cifra oltre i due miliardi riavvicinandosi ai livelli pre-crisi, con i nuovi ordini 2016 in progresso di oltre il 14%. Un caso non isolato nel comparto, che beneficia in particolare degli incentivi statali all'acquisto rappresentati dal “superammortamento” (la possibilità di calcolare le quote sulla base del 140% del valore) e dalla Sabatini-bis, norma che in poco più di due anni è stata in grado di smuovere investimenti per tre miliardi di euro da parte di oltre 10mila imprese. Inversione di rotta cruciale dopo anni di stasi che hanno prodotto un progressivo invecchiamento del parco macchine utensili italiano (indagine Ucimu-Sistemi per produrre), per il quale si calcola ora un'età media di quasi 13 anni, il massimo di sempre.
«Per sette anni in Italia non si è battuto chiodo - spiega il presidente di Federmacchine Sandro Salmoiraghi - e il risultato è questo invecchiamento, mentre molte aree del resto del mondo stanno comprando i macchinari più aggiornati migliorando la propria competitività. Ora l'Italia è ripartita, anche grazie agli incentivi e al superammortamento, che chiediamo però al Governo di non bloccare alla fine dell'anno». Per impianti che richiedono mesi di assemblaggio, limitare il “bonus” ai soli beni consegnati entro dicembre significa in effetti bloccare il provvedimento già in estate, spingendo da lì in avanti i potenziali compratori a rivolgersi all'estero per sfruttare l'incentivo. «Abbiamo fiducia - aggiunge Salmoiraghi - anche perché un macchinario venduto genera Iva, indotto, posti di lavoro, ci sono benefici per tutti».
Spostandosi dai beni strumentali e dall'indotto auto il quadro della meccanica cambia, con più settori penalizzati dalle crisi a valle. Il calo dei prezzi delle commodity, petrolio in primis, frena gli investimenti in più settori, dall'agricoltura all'Oil&Gas, gettando sabbia negli ingranaggi del vasto indotto coinvolto. Altra area depressa resta quella legata a doppio filo all'edilizia, tuttora inchiodata ad un livello di nuove costruzioni inferiore del 75% rispetto al periodo pre-crisi.
«La strada per ritrovare i livelli 2007 è ancora lunga - aggiunge Storchi - e all'Italia servono riforme, rinnovamento e soprattutto investimenti, altrimenti non andiamo da nessuna parte. Guardate gli effetti del superammortamento sui beni strumentali: quando ci sono le politiche orientate all'impresa e al manifatturiero i risultati si vedono».
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