Frigoriferi, lavatrici, lavastoviglie, forni e cappe che escono dalle nostre case e prendono la via dello “smaltimento” sono quasi 500mila tonnellate all’anno, in Italia. Di queste solo 250mila finiscono nelle mani di 14 consorzi - Ecodom, il maggiore, nel 2015 ne ha trattate 78.265, il 3% in più rispetto al 2014 - e questo, come spiega Giorgio Arienti, direttore generale di Ecodom, genera «concorrenza parallela sleale e impedisce la crescita della raccolta e del recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici. Quest’anno c’è stata una lieve ripresa, nel caso di Ecodom una crescita della raccolta del 3%, ma serve un quadro normativo definito e stabile. L’incertezza normativa contribuisce infatti anche allo sviluppo di un mercato parallelo, quello dei robivecchi o dei demolitori, che sfrutta a proprio vantaggio questa situazione. Una situazione che impedisce la crescita dell’economia circolare».
L’importanza del riciclo dei Raee (rifiuti elettrici ed elettronici) non sta solo nel valore delle materie prime seconde che ne derivano - per il 2015 si parla di 47.076 tonnellate di ferro, tanto quanto 6 Tour Eiffel, 1.657 tonnellate di alluminio, oltre 1.489 tonnellate di rame e 8mila tonnellate di plastica - ma anche «nella riduzione dell’impatto ambientale causato dal rilascio in atmosfera delle sostanze inquinanti contenute nei Raee e nel risparmio sui costi energetici di estrazione delle materie prime vergini», osserva Arienti. Per questo sarebbe importante «l’implementazione dei numerosi decreti attuativi necessari ad assicurare il corretto funzionamento del sistema Raee», sottolinea Arienti.
Quella di Ecodom è una storia molto significativa, ma è una delle storie che stanno popolando la cosiddetta economia circolare di cui ieri a Milano, alla presentazione del rapporto di sostenibilità di Ecodom del 2015 c’è stata un’ampia rappresentazione. Con lo chef Davide Oldani che suggerisce di risolvere la questione a monte «cercando di non creare scarti e quindi pensando prima comprare e pesando prima di cucinare». Con Massimo Parisi, direttore del carcere di Bollate dove si cerca di facilitare il passaggio «da scarti e a risorse dei detenuti che attraverso molteplici percorsi cerchiamo di far diventare risorse per se stessi e per la collettività. Oggi dei circa 1.200 detenuti quasi 200 sono impegnati in attività lavorative esterne, mentre 300 lavorano nella struttura. Si può dire che in tutte le attività proposte vengono occupati i due terzi delle persone». Una delle esperienze più significative e che hanno avuto maggiore successo è stata sicuramente il ristorante “InGalera”, mentre a breve proprio a Bollate «verrà avviato un impianto per il recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici in collaborazione con la Regione Lombardia e l’Amsa dove potrebbero essere impegnati, a regime, quasi 40 detenuti». I paradigmi dell’economia circolare sono tanti. Tra questi ci sono anche la Re use box, ideata dalla cooperativa sociale Insieme che ha accolto più di 600 persone tra minori, giovani e adulti con alle spalle esperienze di disagio. «I valori che hanno ispirato il nostro impegno in questi anni - spiega il vicepresidente Franco Fontana - sono sintetizzati in 4 a, accoglienza, ambiente, autogestione e abitare la città. Quotidianamente cerchiamo di ridare valore alle cose che raccogliamo o ritiriamo, siano essi mobili o oggetti, libri, giocattoli o strumenti musicali. Tutto può essere rivenduto, restaurato o tornare a essere materia prima». Infine Stefano Ciafani, direttore generale di Legambinete che ha cercato di promuovere il cambio di paradigma con un premio che è quello per i comuni ricicloni: «Nell’edizione del 2015 sono stati ben 1.520 i comuni campioni nella raccolta differezniata dei rifiuti in tutta Italia, per quasi 10 milioni di abitanti che hanno imparato a riciclare e differenziare i propri rifiuti alimentando l’industria virtuosa del riuso ovvero la cosiddetta economia circolare».
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