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I mercati esteri spingono Barilla

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I mercati esteri spingono Barilla

Imagoeconomica
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Delude il mercato italiano ma Barilla è trainata dai mercati esteri. In Italia i cambiamenti strutturali della domanda alimentare sono talmente chiari che non si parla più di calo congiunturale della domanda. Si pensa a crescere soprattutto sui mercati internazionali. Oggi, dopo aver quasi azzerato il debito, Barilla potrebbe sfruttare fino a due volte la leva dell’Ebitda, cioè all’incirca 800 milioni, per acquisizioni all’estero. Fino all’anno scorso ritenute quasi certe in Sudamerica.

L’ad di Barilla Claudio Colzani, in sede di presentazione del bilancio economico e dei risultati di sostenibilità, si è limitato a confermare che «abbiamo esaminato decine di possibili acquisizioni nel mondo, ma quando riuscivamo a trovare qualcosa con standard di qualità e sicurezza alimentare accettabili ci proponevano multipli stellari».

LA CRESCITA NEL MONDO
Andamento dei ricavi nei principali mercati Barilla

Il presidente Guido Barilla preferisce non parlare di accelerazione degli investimenti all’estero: «Si fanno quando è giusto farli. Brasile? Sì, ma ci sono anche altre opzioni. E non è detto che si aspetti al 2017».

Diverso il discorso per l’avvio di stabilimenti nei nuovi mercati. «La prassi - ha detto Colzani - è quella di raggiungere prima una quota di mercato di almeno il 10% che giustifichi l’avvio di un investimento produttivo». Come del resto è successo recentemente in Russia e, molto prima, negli Usa che oggi fattura 500 milioni di dollari. A proposito di quest’ultimo Paese, a New York è stato aperto il terzo ristorante Barilla; a inizio 2017 dovrebbe essere inaugurato un altro in California (Los Angeles o San Francisco), ma quest’anno (la trattativa è al rush finale) ci sarà un’apertura in un altro continente.

Nel 2015 il fatturato del gruppo Barilla ha raggiunto 3,38 miliardi, +2% al netto dell’effetto cambio. L’Ebitda è salito da 427 milioni a 440, con un’incidenza del 13% sul fatturato, in linea con l’anno precedente. La spesa per investimenti è stata di 147 milioni (di cui 24 negli Usa, 29 in Francia, 15 in Russia e Italia), il 4% del fatturato. Quasi azzerato il debito netto: è sceso da 250 milioni a 170 milioni. Lo 0,4 dell’Ebitda rispetto al 2 del 2008. L’anno scorso le vendite di Barilla sono calate dell’1% in Italia, ma sono aumentate del 3% in Europa, del 4% nelle Americhe e del 14% in Africa, Asia e Australia.

«I risultati del 2015 rappresentano una conferma dell’efficacia della strategia “Buono per te, buono per il Pianeta” - ha detto Guido Barilla - . L’azienda continua a crescere all’estero e fa meglio della media di mercato in Italia».

I consumatori italiani però dimostrano di andare oltre la dieta mediterranea: crollano i consumi di carne rossa, di formaggi e dolciari ma perdono colpi anche pasta (-2,3% a volume nel 2015 secondo Iri e -5,7% l’export) e pane, si mangia più frutta e verdura, carni bianche e pesce.

«Ci siamo accorti, oramai da qualche anno, che in Italia si mangia meno - ha osservato Colzani - E dobbiamo mangiare meno, ma meglio». Nonostante tutto però Colzani non ha nascosto la sua delusione per il mercato domestico che vale ben il 47% dei ricavi Barilla. «Barilla non si tira indietro negli investimenti in Italia, anche se il Paese non cresce e non possiamo nasconderci che c’è un problema. Anzi nei primi mesi del 2016 il mercato italiano si sta rivelando più difficile del previsto, con settori in calo anche del 3-4%»

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