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Renzi: se vinciamo il referendum a casa un politico su tre

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IL PAESE E LE RIFORME

Renzi: se vinciamo il referendum a casa un politico su tre

Ansa
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«Il referendum? Per forza i politici sono tutti contro di me, è normale: se passa, uno su tre va a casa». Davanti ai giovani studenti riuniti a Milano da Boston Consulting Group per l’evento “The Future Makers”, Matteo Renzi parla a braccio, rispondendo alle domande, difendendo con passione la propria idea di politica e ribadendo la traiettoria del suo percorso. «Dopo due mandati si va a casa - spiega - quindi nel mio caso, al massimo nel febbraio del 2023, naturalmente se non mi mandano a casa prima: io devo cambiare il Paese, non un ufficio».

Uno snodo cruciale è però quello del referendum sulle riforme istituzionali. «Se non vinco il referendum - chiarisce - non ho armi, e naturalmente se i cittadini vogliono questo sistema è giusto che se lo tengano. Se invece, come credo, il referendum passerà, ho ancora alcuni anni davanti a me, e questi anni li faccio “a tutta”».

Il confronto è informale, tra battute sulle rivalità in Toscana, «ah, lei è di Pisa?”, sui complimenti ricevuti «io un grande leader? signori vi presento mia cugina», sulla conoscenza delle lingue, «mi sono laureato senza un’ora di inglese e i risultati sono sotto gli occhi di tutti» e slang disinvolti, «c’è una classe politica che per fare la f... critica il Paese, mentre deve amare il suo Paese e gli italiani, a prescindere dal fatto che sei di destra o di sinistra, perché se tu non ami il tuo Paese non sei credibile».

Ma il senso del confronto è una sintesi del Renzi-pensiero, una strategia di cambiamento del paese che procede anche davanti alle critiche. «Come faccio a resistere? Non consento mai ad un giornalista di cambiarmi l’umore, alla fine la verità di ciò che sei viene fuori. Se dovessi votarmi sulla base di ciò che leggo sui giornali - lo dico sinceramente - avrei dei dubbi».

Un atteggiamento - spiega lo stesso Renzi - che può essere tacciabile di arroganza, «è il limite forte che ho, qualcuno la definisce arroganza, io consapevolezza: trovare il giusto equilibrio tra arroganza e consapevolezza non è semplice».

“Come faccio a resistere? Non consento mai a un giornalista di cambiarmi l’umore, alla fine la verità di ciò che sei viene fuori”

Matteo Renzi 

Ripercorrendo le tappe della sua nomina a premier, Renzi nega con forza il golpe di palazzo, «la più grande menzogna della Legislatura», e ricorda invece come il Governo Letta «per mille motivi» non sia stato in grado di fare nel primo anno ciò che avrebbe dovuto fare. «Eravamo talmente messi male - spiega che il presidente Napolitano - spiega - a quel punto avrà pensato, proviamo anche questo: io sono l’effetto della crisi. Da sindaco di Firenze chiedevo dei cambiamenti che tutti promettevano e nessuno concretizzava, eravamo nel pantano perfetto».

Tra le riforme realizzate Renzi cita il Jobs Act, «che ci ha reso più credibili in Europa, tra poco usciranno i dati sull’occupazione e magari qualcuno dirà che non funziona, anche se da quando siamo partiti ci sono 398mila posti in più».

In tema di lavoro Renzi ricorda l’accordo appena chiuso per evitare i licenziamenti in Almaviva, una crisi complicata risolta «grazie al viceministro Teresa Bellanova che è stata bravissima stando ore al tavolo e dando il meglio. È un fatto bello e positivo anche se domani qualcuno dirà che non basta».

L’intervento di Renzi è improntato all’ottimismo, per un’Italia in grado di ritagliarsi un ruolo di primo piano nel mondo, un paese che ha senz’altro «più futuro che passato», dove finalmente inizia a prevalere l’idea del merito, «che non può essere considerato una parolaccia».

Quale piano industriale per il Paese - chiede Giacomo, dell’università di Bologna.

«Abbiamo buttato al vento in passato alcune eccellenze, spiega Renzi, ma ora possiamo invertire il trend e reimpostare la scommessa sul futuro». Turismo e cultura sono aree in cui è possibile rilanciare, provando però ad impostare un nuovo “racconto”, ed è il motivo per cui Renzi ha puntato sulla Sicilia, su Taormina, per la sede del prossimi G7 organizzato dall’Italia. «Quando si parla del Sud è solo per raccontarne i problemi - spiega - e questi ci sono, ovviamente. Ma si deve anche evidenziare tutto il resto, dobbiamo essere capaci anche di raccontare le bellezze e le qualità. Se voi, da direttori commerciali, diceste: il mio prodotto fa schifo, spero vi licenzino. Non neghiamo i problemi ma c’è anche il resto. Il punto vero è non fermarsi alla critica: se c’è qualcosa che non va, cambiala».

Alcune domande riguardano la fuga dei “talenti” e il premier su questo tema non ha dubbi. «Il concetto dei cervelli all’estero - chiarisce - mi pare la più grande presa in giro. Andare all’estero per un periodo è normale, il mio compito è costruire un terreno “vivo” per cui se torni puoi stare meglio e trovi il posto più bello. Il progetto Huaman Technopole nel sito di Expo è proprio un tentativo che va in questa direzione».

E noi giovani - chiede Benedetta, studentessa del Politecnico di Milano - che ruolo possiamo avere?

«Dipende da voi - replica Renzi - in giro vedo tanti anti-politica, anche in altri pesei vige il principio della paura: ai ragazzi di 20 anni auguro di impegnarsi e di essere parte di una comunità e aggiungo che la politica è una cosa meravigliosa, è il servizio più grande che potete fare al paese».

. Se passa, uno s’ ovvio che li ho tutti contro, se..... E’ uno giovani tra i 23 e i 26 anni selezionati da Boston Consulting Group tra le principali università italiane per realizzare la prima edizione di “The Future Makers”, tre giorni di confronto sui trend globali e dialogo con opinion leaders e top manager, tra cui l’ad di Eni Claudio De Scalzi e l’ad di Eataly Andrea Guerra. Summit realizzato a Milano, che vede proprio nell’incontro odierno con il Presidente del Consiglio italiano l’evento clou.

«Voglio sentire le sue idee sui giovani», spiega Alice, studentessa di filosofia a Milano, «per capire se vale la pena restare qui in Italia. Un voto al premier? Fin qui - si sbilancia - direi sette». Renzi viene “promosso” anche da Marco, studente di ingegneria della Liuc. «Torno ora da un anno in Canada -spiega - e devo dire che piace anche lì, io gli darei una sufficienza piena, anche se forse con il partito poteva giocarsela meglio, io sarei andato alle elezioni prima». «No, io il premier non lo farei mai - aggiunge Gabriele ridendo - è un mestiere complicato e ho progetti diversi salla politica. Renzi? Direi che mi piace, ci mette buona volontà».

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