Economia

Riparte il mercato degli strumenti musicali

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cultura e buciness

Riparte il mercato degli strumenti musicali

  • –di Francesco Prisco

Che il 2015 fosse stato un anno positivo lo intuiva ogni operatore del settore. Neanche il più ottimista, tuttavia, avrebbe immaginato che la ripresa potesse avere queste proporzioni: il mercato italiano degli strumenti musicali l’anno scorso è cresciuto del 10%, attestandosi a quota 290,8 milioni. Un boom che ha un’onda lunga, se consideriamo che le vendite del primo trimestre del 2016 segnano un’ulteriore crescita di 4,87 punti percentuali.

Questo il quadro che si coglie leggendo i dati a consuntivo di Dismamusica, associazione di categoria che in Italia riunisce produttori e distributori di strumenti musicali. Altro elemento confortante: si tratta del secondo anno consecutivo di crescita, dopo la performance del +3,6% registrata nel 2014, primi 12 mesi caratterizzati dal segno positivo dopo ben sei anni in negativo, partendo dal famigerato 2009, anno in cui produzione e distribuzione di strumenti muovevano addirittura 404,7 milioni.

“La ripresa è figlia di un ritorno dei consumi e degli investimenti di molti operatori, che hanno adeguato ai tempi i propri canali di vendita”

Claudio Formisano, presidente di Dismamusica 

La filiera di settore – che riunisce circa 1.300 soggetti produttivi tra aziende ed esercizi commerciali, per oltre 8mila occupati – travolta dalla bufera della crisi, ha lasciato in questi anni sul campo un terzo del proprio giro d’affari nazionale. Ma adesso risolleva finalmente il capo e per due diversi ordini di fattori: da un lato gli aumenti sui listini che tutti i principali player hanno dovuto applicare a causa del forte incremento del cambio dollaro-euro, dall’altro un effettivo aumento delle vendite. Anche per quanto riguarda l’export il 2015 è d’oro: i ricavi oltre confine si sono attestati su un valore di 271,3 milioni, per una crescita del 16,2% sull’anno precedente. Avanza anche l’import (+15,3%) che si porta a quota 304,6 milioni. Il saldo commerciale è insomma negativo per 33,3 milioni, ma l’Italia si conferma il secondo Paese esportatore d’Europa dopo la Germania, per quanto lontanissimo dalle performance delle prime della classe, Cina e Stati Uniti, che detengono rispettivamente quote del 26 e del 13% delle vendite internazionali di strumenti musicali.

IL MERCATO
Vendite di strumenti musicali nel 2015. Valori in milioni e variazione % sul 2014. (Elaborazione Sole 24 Ore su dati Dismamusica Confcommercio)

Tornando al mercato interno, nel 2015 ben 19 segmenti hanno chiuso con una crescita di fatturato, tra questi otto con un incremento sia dei pezzi venduti, sia del prezzo medio, mentre quattro (chitarre elettriche, strumenti didattici di base, amplificazione del suono e registratori) hanno visto aumentare il numero di articoli venduti e anche il giro d’affari, nonostante una diminuzione del prezzo medio. Queste stesse quattro nicchie, particolarmente performanti, sono arrivate a esprimere da sole il 25% del valore complessivo del mercato italiano. Cinque soltanto, invece, sono i segmenti che hanno registrato un aumento di fatturato nonostante la riduzione dei pezzi venduti.

«Veniamo fuori da anni molto difficili – commenta Claudio Formisano, presidente di Dismamusica – che hanno messo profondamente in crisi il tradizionale modello di business del nostro settore. La ripresa che vediamo oggi è figlia insieme di un ritorno dei consumi e degli investimenti di molti operatori, che hanno adeguato ai tempi i propri canali di vendita». Sul primo versante, l’incremento della spesa in strumenti musicali da parte delle famiglie può essere ricondotto a un più generale ritorno a un clima di fiducia da parte dei consumatori.

Il secondo aspetto è più interessante: tanto per cominciare è cambiato lo scenario di contesto. I principali competitor di chi commercia strumenti musicali adesso si chiamano Amazon e Thomann, due portali online raggiungibili ovunque e in grado di praticare politiche di prezzo particolarmente aggressive. «Questi canali alternativi – spiega il presidente di Dismamusica – l’anno scorso hanno sottratto al nostro sistema circa 13 milioni di fatturato che altrimenti si sarebbero sommati ai già ottimi risultati che abbiamo registrato». Adeguarsi al nuovo scenario, a quanto pare, non è un optional. «Molti colleghi – sottolinea Formisano – hanno cambiato modo di ragionare: se fino a qualche anno fa il sito internet era la vetrina del negozio fisico, adesso vale il contrario, con il negozio fisico che serve a “presentare” le attività di vendita online». Non tutti, però, rispondono con la stessa determinazione: «I rivenditori del Centro e del Nord – precisa Formisano – mi sembrano più attenti al tema, quelli del Sud mostrano invece una certa resistenza. Trovi ancora chi ragiona secondo le logiche del vecchio negozio in centro città. Ma oggi il cliente, quando entra, sa già cosa vuole». E soprattutto quanto è disposto a pagare

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