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Telecom sperimenta lo smart working: aderiscono in 9mila

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TELECOMUNICAZIONI

Telecom sperimenta lo smart working: aderiscono in 9mila

Survey tra i lavoratori, prima sperimentazione su numeri piccoli, poi survey questa volta tra i capi. E poi ancora sperimentazione su numeri più grandi. L'ingresso dello smart working in Telecom a cui da marzo hanno aderito oltre 9mila lavoratori è accompagnato da una continua raccolta di dati. Quantitativi e qualitativi. «Ogni decisione dovrà poggiare sui dati, per questo stiamo misurando tanto», spiega Andrea Iapichino, responsabile della funzione people caring.

Accompagnare la trasformazione digitale di un gruppo che ha 53mila collaboratori non consente di farsi sfuggire nulla, né tra gli strumenti che potrebbero supportarla, nè nell'uso migliore. Una cosa deve però essere chiara fin dalla premessa. «La metodologia che è dentro lo smart working è uno strumento, non un risultato - dice Iapichino -. Il risultato da raggiungere è aumentare la produttività mettendo anche le persone in una condizione di miglior benessere individuale. Aumento della produttività e miglior benessere ci aspettiamo che possano poi avere un impatto sui processi aziendali».
Parlando dello strumento Iapichino dice che «dà maggiore flessibilità alle persone nell'esecuzione dei loro compiti, le responsabilizza e favorisce anche la collaborazione. Per noi è un abilitatore della trasformazione digitale ed essendo la nostra un'azienda che si propone come fornitore di servizi e tecnologie che oggi derivano dalle tecnologie di comunicazione digitale possiamo ottenere un duplice risultato e cioè una maggiore soddisfazione delle persone e servizi migliori per i clienti». La tecnologia oggi ha raggiunto il livello che può consentire anche a un gruppo così grande e complesso come Telecom di lanciarsi nello smart working. Certo il percorso è lungo. L'inizio risale allo scorso settembre quando in collaborazione con il Politecnico di Milano è stata fatta una prima survey che ha coinvolto 14mila dipendenti e ha consentito una prima diagnosi della situazione in tutta Italia. Dopo la diagnosi è partita la sperimentazione fatta su numeri limitati: 500 persone la prima volta, in ottobre, e altrettante la seconda, in dicembre, «per vedere anche come la nostra infrastruttura tecnologica poteva reggere questo cambio di metodologia e quali erano le reazioni sul percepito della produttività da parte dei capi», analizza Iapichino.

A quel punto la società si è detta pronta per la sperimentazione sui grandi numeri e ha proposto lo strumento a un bacino di 19mila persone tra Roma, Milano, Bologna, Torino e Palermo che, una volta finita la sperimentazione, potrebbero diventare 30mila. Da marzo ad oggi hanno aderito in 9mila. Per loro un giorno a settimana - il mercoledì o il giovedì, per facilitare la partenza dello strumento e un approccio diverso da quello del week end lungo - il lavoro è da casa o da una sede satellite. La regolamentazione è allineata a quella del disegno di legge del governo e quindi non ci sono diminuzioni del pacchetto retributivo, anche perché «la nostra non è una risposta a una crisi produttiva ma è una sperimentazione volta a verificare se lo strumento risponde all'aumento della produttività».
I capi interpellati dicono di no nel 2% dei casi e di sì nel 30%. Certamente ci sono numeri che dimostrano un maggior coinvolgimento nell'organizzazione: la pagina intranet creata appositamente ha avuto 120mila accessi e ha già raccolto oltre 2mila post con commenti che non hanno solo un contenuto emotivo. Sulla intranet si possono fare domande e risolvere dubbi e i post servono anche a questo. La predominanza maschile nell'azienda ha fatto sì che in termini assoluti l'adesione maggiore sia arrivata dagli uomini, mentre in percentuale sul bacino di riferimento la maggiore adesione si ha tra le donne. L'età invece non c'entra. Già perché le più interessate sono proprio le fasce di età più mature. Come dire che la tecnologia non è solo un affaire per nativi digitali nati negli anni '90.

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