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Per ogni euro di incentivo le imprese ne investono 3,5

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Per ogni euro di incentivo le imprese ne investono 3,5

Quanto rendono davvero gli incentivi alle imprese? Uno dei più controversi dilemmi della politica industriale è tornato d’attualità con il piano di riordino che il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha affidato a Enrico Bondi, ex commissario Spending review.

Per la Banca d’Italia, con alcune meritorie eccezioni legate strettamente agli investimenti produttivi, il valore addizionale degli incentivi è storicamente basso. Qualche numero interessante si ricava incrociando le tabelle dell’ultima Relazione annuale del Mise. Nel 2014, con interventi nazionali gestiti dal ministero, sono state concesse agevolazioni per 3,1 miliardi. Ma le erogazioni si sono fermate a 1,9 miliardi e ogni euro di incentivi trasferiti alle imprese ha prodotto 3,2 euro di investimenti.

L’effetto leva 1 a 3 di per sé non dice molto, ma colpisce il trend al ribasso visto che nel 2013 ogni euro produceva 4,3 euro di investimenti. È semplicemente accaduto che, nonostante le agevolazioni erogate con interventi nazionali siano addirittura aumentate (da 1,6 a 1,9 miliardi), gli investimenti agevolati si sono ridotti da 6,8 a 6,3 miliardi. Entrambi gli anni di riferimento sono condizionati dalla crisi, più o meno aggressiva, ed è dunque lecito chiedersi se non si stia palesando un deficit di efficacia (e spinta addizionale) degli strumenti. Anche confrontando periodi più ampi - il triennio 2009-2011 con quello 2012-2014 - si nota un vistoso calo degli investimenti agevolati (-17,9%).

È pur vero - ed è il senso dell’operazione Calenda-Bondi - che ogni incentivo deve essere valutato singolarmente, per capire se valga la pena confermarlo, e magari potenziarlo, o sia meglio spostare il tiro su altre misure. In effetti dai dati di Mise, Mef, Istat, Invitalia e Agenzia delle Entrate vengono fuori performance dei principali strumenti attivi alquanto diverse tra loro.

Contratti di sviluppo
Oggetto di una riforma nel 2014, sono il principale strumento di attrazione di grandi investimenti, soprattutto nel Mezzogiorno. L’ultimo bilancio segnala agevolazioni concesse per 1,2 miliardi e investimenti attivati per 2,6 miliardi.

Superammortamenti
I maxi-ammortamenti al 140% sono stati introdotti per investimenti in beni strumentali effettuati tra il 15 ottobre 2015 e il 31 dicembre 2016. Il rinnovo è uno degli obiettivi del governo per la prossima Stabilità. La misura infatti sta funzionando: un’indagine Istat stima che nel 2016 le imprese beneficiarie saranno quasi il 25% delle 788mila tra società e gruppi fiscali censite.

Nuova Sabatini
Altra misura giudicata molto positiva dall’industria manifatturiera. Dal marzo 2015, con un contributo statale di 227 milioni per abbattere i tassi di interesse, ha favorito finanziamenti agevolati a 11.136 imprese per poco meno di 3 miliardi. Lo strumento, secondo alcuni esperti, potrebbe essere però più efficiente se legato soprattutto a investimenti hi-tech.

Bonus ricerca
È un punto debole. L’attuale credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo non convince in pieno le imprese perché il beneficio fiscale si calcola solo sugli incrementi di spesa e non sul volume totale. Sulla base degli ultimi dati F24 (aprile 2016) risulta un utilizzo a credito da parte di 1.082 euro ma limitato a soli 72 milioni. Il dato è comunque parziale, precedente al versamento in autotassazione delle imposte dirette.

Fondo di garanzia
Negli anni dominati dal credit crunch è diventato il principale strumento di politica industriale. Nel 2015 la garanzia statale ha coperto finanziamenti per 15 miliardi (+17%). I moltiplicatori delle garanzie sono in crescita: per ogni euro di risorse pubbliche accantonate si ottengono 14,8 euro di finanziamenti garantiti.

Startup
È uno dei capitoli più delicati: il ministro Calenda evidenzia la sproporzione tra le tante misure varate e le poche aziende nate. Ad oggi siamo a 5.803 startup innovative. Nel primo anno di operatività sono stati 844 i contribuenti (persone fisiche e società) che hanno sfruttato gli incentivi per investire in startup, con 28,2 milioni.

Ace
L’aiuto alla crescita economica supporta la patrimonializzazione delle imprese. Secondo gli ultimi dati del Dipartimento Finanze sull’Ace (che non rientra tra le misure gestite direttamente dal Mise) nel 2014 le imprese beneficiarie sono state 260mila per 6,8 miliardi di euro. L’Istat segnala in crescita la platea, ma secondo Banca d’Italia pesa ancora la «scarsa conoscenza dello strumento: oltre un terzo delle imprese, soprattutto di piccola dimensione, ne ignora l’esistenza».

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