Economia

Calabria, una risalita possibile solo con il contributo di tutti

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L'Analisi|l’analisi

Calabria, una risalita possibile solo con il contributo di tutti

Quando si parla di Calabria è ormai difficile distinguere il confine tra retorica e realtà. La terra degli ultimi raccontata dalle cronache, senza speranza, ma che quasi si compiace della sua condizione. «Chisti simu» (questi siamo) è una fortunata trasmissione di una tv di Reggio Calabria, diventata filosofia di vita. Siamo così, prendere o lasciare. Retorica pura.

La realtà dei numeri, però, rischia di essere ancora più inquietante. Ultima – o giù di lì – per tasso di occupazione, per produttività e per livelli di crescita. Persino l’indicatore che il report dell’Università di Arcavacata indica come il migliore, l’export, è eloquente: lo 0,1% della quota nazionale, nonostante una crescita del 25% nel 2015. Per avere un’idea plastica della pochezza, se l’export della Calabria fosse proporzionato alla popolazione, dovrebbe essere intorno al 3,8% della quota nazionale, 37 volte in più di quel che è.

Per fortuna, però, all’assemblea di Confindustria Calabria ieri non è andato in onda un altro dei refrain regionali tipici: la lamentatio nei confronti del mondo che congiura contro la Calabria. «Ripartire si può» è un invito agli imprenditori stessi, prima di tutto, a esercitare il ruolo di classe dirigente.

Però è evidente che se il precipizio entro cui è finita la regione è così profondo, la Calabria da sola non può farcela. Servono misure ad hoc per recuperare il buono che c’è, a partire dal porto di Gioia Tauro, e rilanciare le grandi potenzialità della regione. Altrimenti, il depopolamento già in atto, diventerà una valanga irrefrenabile e il rilancio una pia illusione.

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