Economia

Il non food vede la ripresa

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CONSUMI

Il non food vede la ripresa

  • –di Enrico Netti

«Dopo un quinquennio di crisi i consumi non food delle famiglie italiane nel 2015 riprendono quota, riuscendo a mettere a segno un +1,4% sull’anno precedente, un po’ meglio dei prodotti alimentari, che hanno segnato un +1,2 per cento». A segnalare questa ripresa è Marco Cuppini, research e communication director di Gs1 Italy, anticipando al Sole 24 Ore i dati dell’«Osservatorio non food 2016», chesarà presentato mercoledì a Milano.

Per la prima volta dal 2011 e dopo una perdita di oltre 15 miliardi, pari a poco più del 9% in valore, i consumi non food, secondo l’Istat, si avvicinano ai 150 miliardi, poco meno di un settimo dei consumi complessivi delle famiglie, che lo scorso anno sono stati pari a 1.008 miliardi. Recessione, pressione fiscale, incertezza sul futuro hanno gelato la fiducia e con essa la possibilità e la voglia di spendere per sè, di migliorare lo stile di vita. Per questo nel quinquennio hanno sofferto in modo particolare i settori dell’abbigliamento, dell’arredamento, dell’edutainment, dei casalinghi e del tessile, che hanno segnato cali a due cifre. Solo lo scorso anno, grazie alla massa di liquidità immessa dalla Bce e a un maggiore potere d’acquisto delle famiglie, in quasi tutti i comparti è ritornato il segno più. A performare meglio sono il segmento dei giocattoli (+6% sul 2014), dell’elettronica di consumo (+5%), dell’edutainment e dei casalinghi, che in precedenza erano stati i più colpiti dal calo degli acquisti.

SEGNALI DI RECUPERO
Milioni di euro a valori correnti. (Fonte: elaborazioni TradeLab per Osservatorio Non Food 2016 GS1 Italy)

«Dopo anni di estrema prudenza qualcosa si muove, si torna a cambiare l’auto (a maggio sono state immatricolate oltre 187mila vetture, +27% sullo stesso mese del 2015 ndr) e si acquistano prodotti innovativi, ma le case sono piene di oggetti, di beni - continua il top manager di Gs1 Italy, associazione che raggruppa 35mila imprese industriali e distributive del largo consumo -. Per questo alcuni comparti chiave, come l’abbigliamento e le calzature, hanno visto una razionalizzazione delle strategie d’acquisto e dei canali di vendita, con la tenuta della fascia medio-bassa e del fast fashion». Così quello che era l’alfiere nella spesa delle famiglie continua il lungo trend negativo e si attesa a 25,5 miliardi di spesa, un quarto del mercato non food, allineandosi ai valori del resto d’Europa.

Gli smartphone, invece, valgono quasi un quinto dei consumi non alimentati, trainando l’elettronica di consumo e più in generale la telefonia. Si assiste anche al ritorno dei giocattoli, dove sono protagonisti grandi classici come il Lego o i funghetti colorati «made in Italy» del mosaico Quercetti, prodotti in 6 milioni di pezzi al giorno. Giochi manuali che riescono a tenere testa a quelli elettronici.

Scorrendo i vari comparti, l’arredamento riesce a mettere a segno un piccolo rimbalzo, anche grazie al bonus mobili, mentre la spesa in prodotti per l’automedicazione è quella che riesce a mettere a segno la migliore performance in assoluto (+6,3%), toccando quota 5,5 miliardi.

Le scelte di consumo delle famiglie impattano ovviamente anche sui punti vendita: tra il 2011 e il 2015 è stato registrato un saldo negativo di circa 26mila negozi specializzati nel non food. Lo scorso anno il trend si è quasi arrestato (-0,8% sull’anno precedente) con l’assestamento delle chiusure degli store di tessile, abbigliamento, mobili e casalinghi. Nello stesso periodo si è invece vista una buona dose di dinamismo nell’apertura di negozi di elettronica e telefonia. Il quadro resta dominato dalle grandi superfici e dai negozi specializzati, dove spiccano gli store di articoli sportivi (qui si realizza quasi la metà delle vendite), di abbigliamento, di calzature e di edutainment, tutti vicini al 45 per cento.

«Questi punti vendita vincono grazie all’assortimento e alla formazione del personale - sottolinea Samanta Correale, research manager di Gs1 Italy -, ma il calo dei consumi ha portato al taglio dei negozi meno efficienti». Senza dimenticare l’approccio omnichannel dei negozi fisici integrato con l’e-commerce.

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