Economia

Grido d’allarme per le produzioni televisive italiane

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Grido d’allarme per le produzioni televisive italiane

  • –di Andrea Biondi
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Un confronto per dare subito l’idea: in Italia il business delle società di produzione per la parte di intrattenimento è stimato nel 2015 a quota 300 milioni di euro: il 3,9% sui ricavi dell'intero comparto tv; in Uk il business è 5 volte tanto (1,5 miliardi) con un’incidenza dell’8,8% sui ricavi totali.

Numeri e confronti nello studio «Il Valore della produzione. L’intrattenimento come risorsa economica e culturale» – commissionato da Apt (l’Associazione dei produttori televisivi guidata da Marco Follini) all’Università Cattolica di Milano – ce ne sono a sufficienza per dare un conforto quantitativo a una realtà che non sfugge e non sono agli addetti ai lavori: la produzione indipendente in Italia ha numeri lontani da un livello accettabile. E in tempi di palinsesti sempre più on demand e di una sfida con i nuovi player da giocare anche (o forse soprattutto) sul tema della qualità questi numeri rappresentano altrettanti gap.

Secondo la ricerca, gli occupati nel settore in Italia sono 8.500, con 3.800 contratti a tempo determinato all’interno di un’industria in grado di produrre 290 titoli nell’ultimo anno, ma di cui solo il 5% in termini di format originali italiani.

PRODUZIONE DI INTRATTENIMENTO 2015: ORE

Ben diversa la situazione altrove. Per esempio in Uk che è leader nell’esportazione di format di intrattenimento, con 122 adattamenti solo nel 2015 e un numero di case di produzione sceso dal 2001 al 2014 da 500 a 259: segno di ottimizzazione delle risorse. Anche per la Francia il valore dei format esportati è passato dai 13 milioni del 2008 a 25,4 milioni di euro. E ci sono le Fabrique des Formats, incubatori realizzati grazie alla sinergia fra istituti bancari e ministero dell’Industria. Israele, Paesi Bassi, Irlanda sono gli altri tre Paesi portati a esempio. Capacità di esportare che manca, questione diritti (forte punto di frizione fra produttori e broadcaster), procedure di commissioning troppo spesso legate solo a rapporti di fiducia e mancanza di chiarezza in caso di co-produzione sono punti problematici.

PRODUZIONE DI INTRATTENIMENTO 2015: TITOLI

«Siamo disponibili a valutare l’istituzione di un tax credit per l’intrattenimento da esportazione nel Ddl sull’audiovisivo», ha detto il sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli. Un’apertura da considerare «molto positivamente» ha commentato Paolo Bassetti, presidente e ad di Endemol Shine Italy per il quale «la questione dei diritti è veramente la questione centrale». Ne è convinta Laura Carafoli di Discovery («stiamo investendo e la chiarezza con i produttori ci sta premiando»), come Remo Tebaldi di Sky, intervenuti alla presentazione della ricerca. Chiaro però che gli occhi di tutti sono puntati sul servizio pubblico, chiamato a fare da volano. «In Rai stiamo studiando, dal 2017, l’istituzione di slot dedicati per le produzioni indipendenti», ha raccontato Ilaria Dallatana (Rai2). «C’è una direttiva europea – ha puntualizzato Gina Nieri (Mediaset) – per nulla soddisfacente, visto che deresponsabilizza piattaforme di videosharing come Youtube o Facebook. Detto ciò, mi piacerebbe che fra broadcaster e produttori si lavorasse a un patto di partecipazione agli investimenti».

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