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    Dossier | N. 3 articoliRapporto Emilia-Romagna

    Bologna resta lontana da Stoccarda, ma segue la stessa via dell’eccellenza

    È un confronto difficile ma stimolante quello che l’Emilia-Romagna sta portando avanti con il Baden-Württemberg, perché servono coraggio, competenza e visione per misurarsi con il land tedesco, con il quale si condividono una robusta base manifatturiera – a partire da una raffinata specializzazione nella meccatronica e nell’automotive - e una spiccata vocazione all’export, ma che sempre primeggia, qualsiasi sia la prospettiva da cui lo si guardi. Il Baden-Württemberg ha, con 10,6 milioni di abitanti e un Pil di 407 miliardi di euro, più del doppio sia della popolazione che della ricchezza prodotta; un peso della manifattura sul valore aggiunto di oltre il 30% contro il 25% dell’Emilia-Romagna; un export che vale il 42% del Pil, mentre è il 38% sulla Via Emilia; investimenti in R&S che raggiungono il 5% del Pil, dato superiore di due punti percentuali alla media della stessa Germania, contro circa l’1,6% dell’Emilia-Romagna. Dunque, è un confronto impari?

    Sono molti i fattori che concorrono a fare del land tedesco la regione col più grande potenziale innovativo di tutta l’Ue. Primo: la presenza di tante grandi imprese (si pensi a Daimler, Bosch, Porsche, Sap), così come di medie e piccole, spesso raccolte nei cluster. L’Osservatorio europeo dei cluster ne censisce 48 per il Baden-Württemberg, di cui ben 9 a “Tre stelle” (ossia, i più forti per dimensione, specializzazione, innovazione). Lo stesso Osservatorio ne conta 24 in Emilia-Romagna, di cui uno a “Tre stelle” (nella “production technology”).

    Secondo: un sistema universitario e della ricerca sempre più indirizzato lungo la strada dell’eccellenza. Sono tre le università del land (Heidelberg, Tübingen e Costanza) che fanno parte dell’élite di 11 atenei scelti dal Governo federale per l’“Iniziativa di Eccellenza”; vi sono poi sul territorio le decine e decine di istituti che fanno capo al Max Planck (ricerca di base) e al Fraunhofer (ricerca applicata), senza dimenticare le 23 Università delle Scienze applicate (Fachhochschule) e i presidi di altri centri di ricerca (Helmholtz, Leibniz ecc.).

    Ma è un land con cui ha senso misurarsi se l’obiettivo è primeggiare fra le regioni d’Europa e l’Emilia-Romagna ambisce giustamente a questo ruolo. È in atto un irrobustimento dimensionale: accanto a un discreto numero di grandi imprese e cooperative è forte, in regione, la presenza di “medie imprese industriali” (quasi 500 sulle 3.334 del Paese dell’indagine Mediobanca-Unioncamere); non di rado queste medie imprese sono cresciute all’interno di decine di distretti industriali e poli tecnologici (i 22 censiti da Intesa Sanpaolo); nell’attuale grande flusso di investimenti diretti esteri (Ide) la Via Emilia rappresenta un crocevia strategico sia per i flussi in entrata che in uscita, con una relazione speciale – nei due sensi - proprio con la Germania. La metamorfosi in atto tocca altresì le specializzazioni: c’è un costante miglioramento qualitativo nelle produzioni tipiche del made in Italy (alimentare, moda, piastrelle di ceramica); c’è l’ascesa di nuove produzioni dove rilevante è il contributo della scienza (farmaceutica, biomedicale, wellness, materiali per bio-edilizia e la stessa meccanica) e importante il ruolo giocato dalle start-up innovative (Ict).

    Le cose sono in evoluzione anche sotto il secondo profilo prima evocato per il Baden-Württemberg, grazie soprattutto all’impulso impresso dalla Giunta regionale ai due programmi per la Rete Politecnica (formazione tecnica superiore) e i Tecnopoli (ricerca e trasferimento tecnologico). I quattro atenei della regione (Alma Mater, Ferrara, Modena e Reggio Emilia, Parma) hanno avviato progetti di collaborazione e su questa strada occorre proseguire con vere e proprie cooperazioni rafforzate sia nel post-laurea (dottorati, master, spin-off) che a livello di scuole, dipartimenti e corsi di laurea.

    E il confronto Bologna-Stoccarda non è fuori luogo neppure quando si parla di “Industria 4.0”, nonostante il vantaggio competitivo tedesco. Nella sua inchiesta sulla Germania, l’Economist ha citato i campioni del capitalismo renano, e l’enfasi è caduta non su Bmw, Audi e Daimler ma sulla Trumpf, media impresa fondata nel 1923 vicino a Stoccarda, di proprietà familiare, che partendo dalla sua classica specializzazione nella meccanica strumentale (“hardware”) sta ora cercando di costruire un nuovo business basato interamente su “software e dati”: nell’ottobre scorso ha lanciato la sua piattaforma online, Axoom. Ma anche la Via Emilia ha le sue Trumpf da raccontare. Franco Stefani con la System a Fiorano Modenese fattura quasi 500 milioni di euro di hardware senza produrlo internamente, bensì ricorrendo ad altre imprese emiliane e controllando a distanza con l’informatica i 4mila codici di ogni macchina e impianto in produzione. Giampaolo Dallara non farà costruire nella sua Dallara Automobili di Varano de’ Melegari (Parma) una nuova galleria del vento, perché nel campo dell’aerodinamica il computer, grazie all’evoluzione della sua potenza di calcolo, arriverà a sostituirla.

    Molte altre eccellenze manifatturiere emiliano-romagnole si potrebbero citare: lo sforzo in più da fare è quello di trovare i modi possibili e ragionevoli per combinarle assieme. Non abbiamo a disposizione le leggi della fisica come per le particelle dello spazio, ma l’ambizione deve ugualmente essere quella di rendere queste eccellenze parte di un tutto. Serviranno pazienza e perizia, cognizione di causa e spirito comunitario.

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