Economia

La carta punta sull’export di alta gamma

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la questione industriale

La carta punta sull’export di alta gamma

(Contrasto)
(Contrasto)

Le esportazioni salvano l’industria cartaria. Dopo gli anni durissimi della crisi, l’industria della carta è in terapia intensiva e ha bisogno di ridurre i costi dell’energia, di avere norme più semplici, di poter sviluppare le politiche ambientali per il riciclo e il riutilizzo degli scarti. Sono questi alcuni dei messaggi del nuovo presidente dell’Assocarta, Girolamo Marchi, rafforzati ieri all’assemblea dell’industria cartaria dal presidente della Confindustria, Vincenzo Boccia.

In particolare, Boccia ha sollecitato con Marchi una politica industriale che guardi ai temi dei sovraccosti dell’energia come uno degli argomenti per dare all’impresa quel ruolo centrale di crescita della società italiana e dei suoi cittadini.

Eletto ieri mattina al vertice dell’Assocarta, Girolamo Marchi raccoglie i frutti positivi seminati negli anni più difficili del settore dal presidente uscente, Paolo Culicchi, il quale resta al vertice dell’associazione come vicepresidente e con il coinvolgimento in prima persona – ha ricordato Boccia – nelle iniziative della Confindustria sull’energia.

L'INDUSTRIA CARTARIA
Numeri indici: 2000=100. (Fonte:elaborazioni e stime Assocarta)

I dati. La produzione 2015 di carta e cartone ha superato gli 8,8 milioni di tonnellate (+2,2%) e quasi 7 miliardi di euro di fatturato (+3,3%): risultati ben lontani dai 10 milioni di tonnellate del 2007. La domanda interna è soddisfatta grazie alla crescita delle importazioni, pari al 51% del fabbisogno. Ma il vero angelo custode del settore èl’esportazione, pari al 45% della produzione italiana. Ed è un’esportazione di valore (come nel caso delle carte grafiche patinate), visto che è pari a 3,9 milioni di fatturato, cioè oltre il 50% del fatturato del settore. La bilancia commerciale così ha potuto raddoppiare a 289 milioni il saldo attivo.

Un’anticipazione di quest’anno fa sperare note lusinghiere: in aprile si poteva pensare a un 2016 a +1,8% per la produzione. Dice il presidente Marchi, «Una sutuazione di “non peggioramento” di fronte alle grandi perdite di volume e fatturato degli anni passati».

I temi caldi sono diversi. In primo luogo, l’ambiente: carta e cartone sono premiati sul mercato dalla naturalità, dalla riciclabilità, dalle certificazioni di sostenibilità della cellulosa (l’80%, riferisce il Rapporto Ambientale dell’Assocarta, ha passato l’esame ambientale). Le aziende italiane hanno usato 4,8 milioni di tonnellate di carta di ricupero, l’Italia esporta perfino in Cina 1 milione di tonnellate di carta da macero. Ma le norme sciocche sono nemiche della sostenibilità. L’industria cartaria, che supera gli obiettivi europei di riciclo attraverso il modello adottato dall’Italia con il Conai (e con il consorzio della carta, il Comieco) raggiunge efficienze e sostenibilità economiche invidiate in Europa, e non ha senso smantellarne i successi: è sufficienze —avverte l’Assocarta — un aggiornamento del modello senza rovinarlo. Ma dovrebbero essere cancellati i vincoli che impediscono di usare come combustibile gli scarti di lavorazione della carta, come invece avviene nei Paesi più sostenibili.

La spesa delle cartiere italiane è la prima voce di costo della produzione, più della cellulosa. E le tariffe non aiutano. Nel 2015 è continuata a rincarare sull’elettricità la quota degli oneri parafiscali. Per questo motivo le aziende temono introduzione della cosiddetta “tariffa trinomia”, che per l’Assocarta significherebbe colpire proprio le aziende a maggiore indipendenza ed efficienza energetica

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